| Re Mascherato |
| | "Oh; uno storpio che chiede una moneta sa essere molto più coraggioso di quanto io sia mai stato. Alla fine, come Re, regno su tutto tranne che su di me."
A questo punto, la nostra storia si distacca bruscamente dalla favola originale, seguendo un percorso differente. Il pittore chiamato dal Re s'era rivelato un fallimento, ma lo stesso non si era potuto dire del comportamento del filatore, colui che trama gli inganni e tesse le bugie. La sua opera si rivelò talmente splendida e magnifica che, per un breve istante, al Monarca sembrò di aver raggiunto il suo obbiettivo. Il lavoro del tessitore era lieve e morbido fra le sue dita come aveva ordinato, e i colori erano talmente magnificenti da riempire i suoi occhi di lacrime sincere, che si riversarono, sprezzanti dell'ira che avrebbero scatenato nel sovrano, sullo stesso arazzo che aveva ordinato di curare e disegnare. Qualcuno, però, assistendo alla scena, venne roso dall'invidia. Nascosto dall'ombra delle colonne, poco lontano, il cacciatore rosicchiava come un topo le proprie unghie rotte dalla rabbia e dalla fame, lasciando che cadessero in pezzi lungo il terreno, macchiandosi le labbra del suo stesso sangue. Gelosia. Verso il filatore, e verso il suo capolavoro. Gelosia, inarrestabile. Convinzione che lui sarebbe riuscito a soddisfare il proprio sovrano in modo molto più efficiente di quanto quel povero tessitore fosse riuscito a fare in così poco tempo. Gelosia, per tutti gli anni che aveva passato immeritatamente a fianco del suo Re. Così, pian piano, nella mente del terzo servitore iniziò a delinearsi un machiavellico piano che, di lì a poco, lo avrebbe portato a risplendere come la più luminosa delle stelle, agli occhi del suo Monarca. ________________ ____________ __ _
Tremò, in trepida attesa. Il fremito partì dal gomito, scuotendo lievemente e impercettibilmente tutto il braccio, fino alle punte delle dita. Dolorava, fermo in quella inusuale posizione, teso immobile innanzi a se. Vide la mano di Sephrine avvicinarsi lentamente, angosciosa. Quasi completamente immobile, come sospinta dalla brezza. Dietro la maschera, il Re dovette mordersi la lingua ancora una volta, soffocando lo scortese impulso di muovere un passo in avanti e afferrarla per i polsi, per poi trarla a se. Ogni attimo che passava la desiderava maggiormente. Poteva sentire i loro palmi stendersi l'uno sull'altro anche attraverso la flebile distanza che li separava, ormai elettrica per la tensione che ne scaturiva. Sognò l'attimo in cui le dita di lei ne avrebbero accarezzato solo con le punte la superficie, percorrendola fino ai polsi, abbandonandosi senza forza ai fianchi, cosicché lui stesso avrebbe potuto cingerla alla vita, e condurla a se nella più meravigliosa delle danze. L'avrebbe stretta con la dolcezza dell'amante e con la forza di colui che dirige fra i due, lasciando che gli giacesse sulle spalle e che accarezzasse la sua schiena rigida, fredda come quella di un trono. Ne avrebbe sfiorato le labbra con le dita, soffice come una piuma che scende verso terra, e avrebbe giurato d'amarla per sempre. O, perlomeno, fino al prossimo novilunio, quando l'incanto si sarebbe dolorosamente infranto, inevitabilmente. Una timida goccia di sudore fece capolino da dietro il velo per tracciare un lungo percorso sul suo collo, scendendo fino a quello dei suoi abiti, infradiciandoli. Non mancavano che pochi centimetri, ma più lei si avvicinava, più si faceva lenta. Si scoprì a respirare affannosamente, come preda del più grande dei piaceri carnali. I suoi occhi si riempirono di lacrime nel vedere la mano compiere quei pochi, ultimi millimetri che li dividevano, come le labbra di due amanti in procinto di concedersi a se stessi. Ma quando anche la sua mente finì con l'abbandonarsi alla più dolce delle prospettive, vide Sephrine esitare. La vide fermarsi, incapace di compiere quell'ultimo gesto che all'interno del Re era già stato deciso da ben prima che le porgesse l'invito. I suoi respiri si fecero più lenti, come se la morte in persona stesse sopraggiungendo ad accompagnare la consapevolezza che, in quell'istante, la mano di lei stava iniziando ad allontanarsi.
« ...No. » Fu un rantolo soffocato, quello che sfuggì alle sue labbra. Un pensiero che non era riuscito a impedire raggiungesse la gola. Troppo sconvolto per accorgersi che, nello stesso istante, lei si era data al medesimo sospiro. Sentì il suo cuore mancare un battito e assistette alla sua mano che, senza che lui gliel'avesse ordinato, si allungò in uno spasmo verso quella di Sephrine, che si stava già allontanando, troppo debole, però, per poterla anche solo raggiungere.
« No, io... » "...Io ti amo." Avrebbe voluto dire. Ma le parole si rifiutarono di uscirgli, soffocandoglisi in gola e impastandosi malamente nella sua lingua, come se non fosse capace di pronunciarle. Deglutì sonoramente, troppo perso nei suoi pensieri per poter anche solo rendersi conto di star facendo null'altro che il verso alla sua "avversaria", maleducatamente. I pensieri si accavallarono nella sua testa, uno dopo l'altro, nascondendo ciò che di veramente importante avrebbe dovuto ragionare, e confondendolo più di quanto già non fosse. Avrebbe voluto dire altro. Avrebbe voluto parlare ancora, con la stessa voce calda e profonda che prima, quasi non sua, gli era sfuggita dalle labbra. Ma più Sephrine si allontanava, più lui si ritrovava incapace di aggiungere altro, o anche solo di cercare un modo per riavvicinarla a se. Pochi, dopo quello scontro, avrebbero saputo della facilità con cui quella ragazza era riuscita a levare la corona al Re.
Quando la sua mente confusa fu invasa dalle immagine che l'altra stava, probabilmente inconsciamente, proiettando in lui, dai suoi occhi si liberarono alcune lacrime, imprigionate sino a quel momento da una volontà che ormai non era più sua. La vide bambina, mentre il padre abusava di lei senza che potesse reagire. Nulla che potesse essere definito amore. Ne vide il marito, costrettole, che lei si ritrovò ad uccidere. Ma soprattutto vide un buco nel cuore di lei, che da sempre, terribile e cavernoso, attendeva di essere riempito dall'amore di qualcuno. Soffocato al di la dei suoi modi e dei suoi costumi, vide la bestia che si celava in lei gridare come disperata, chiamandolo, e al tempo stesso urlandogli di allontanarsi. Fu solo quando lei si afferrò il petto, che ne distolse lo sguardo. Lo rialzò verso il suo volto, scoprendo che condividevano le stesse lacrime, almeno in apparenza, e non fece nulla. Estatico, la attese gentile, temendo una sua reazione nel caso in cui si fosse mosso, o avesse compiuto qualcosa di sgradito. Poi, la voce di lei lo trafisse come una lama, gelida come il ghiaccio. Sentì il disprezzo nella sua voce, tanto potente che ogni sillaba sembrava tuonare nei timpani e nel petto del Monarca, accelerandone il battito come quando ci si allunga sull'orlo del precipizio. A pochi attimi dalla morte del cuore. Si graffiò le labbra, tagliandosele con i canini, ma il sapore del sangue era incredibilmente dolce, rispetto a quello del dolore che gli agitava le budella. Chiuse le palpebre, ormai inumidite dalle lacrime, dolorosamente salate, che avevano lentamente raggiunto le labbra. E poi, fece quello che gli era stato chiesto.
"Senza corona... io cadrò?" "No, mio Re. Ora stai volando più alto della speranza." Se solo fosse stato così coraggioso da arrendersi, forse non si sarebbe smascherato in quel modo. Se solo avesse trovato la forza di tornare a essere se stesso, invece di lasciarsi trasportare dalle emozioni, forse non avrebbe dovuto mostrarle il suo volto, che non aveva imperfezioni, né sbavature, ma incarnava le fattezze dell'inganno e della menzogna, come fossero fatte a immagine d'uomo. I capelli corvini si liberarono come prendendo una boccata d'aria, soffocati fino a quell'istante dal cappuccio della veste e dalla porcellana. Il Re alzò quindi una mano verso il viso, ignorando le creature richiamate dalla sua avversaria, pronte ad attaccarlo alla minima esitazione. Allungò un pollice, e allontanò da una delle sue guance i segni delle lacrime che la solcavano, chiudendo gli occhi con regalità, e lasciando che i polpastrelli la sfiorassero appena. Dopodiché, rivolse nuovamente il suo sguardo a Sephrine. Fermo e deciso, come quello che dovrebbe avere un vero regnante.
« Lo farò. » Non pronunciò la parola "Amare", troppo estranea a lui perché la sua lingua potesse formularla. Ne si arrese al suo ritiro dal duello, benché l'avesse appena giurato. Non mentiva. L'unica passione dominante in lui, in quell'istante, era quella di poter concedersi a lei, e poterla stringere fra le sue braccia. La sua voce era suonata calda e potente, come il reale verbo di un Re. L'avrebbe amata. Per sempre. La sua voce, le sue lacrime e il suo sguardo gli facevano da testimoni, confermandone ogni più flebile sussurro. Come se tutto ciò non fosse abbastanza, poggiò lentamente un piede sulla maschera riversa al suolo, la sua corona. Un attimo d'esitazione, e poi iniziò a fare forza, fino a frantumare la porcellana. Il volto di Loec lo guardava ora stranito dal suolo, in pezzi. Sospirò liberatorio, e allungò entrambe le braccia in avanti, lasciando che il suo sguardo si addolcisse.
« E ora, ti prego, lascia che possa stringerti a me. » Non si mosse, poiché le sue gambe tremavano per la debolezza che in cuor suo sapeva di stare dimostrando, e attese che lei facesse quel piccolo sforzo, fisico e psicologico, necessario a superare l'invisibile muro che li aveva divisi fino a quell'istante. Respirando affannosamente, non si accorse che qualcuno, in quella sala, tramava contro di loro. Qualcuno che bruciava di gelosia e si rodeva le unghie divorandole come un topo, nascosto dalle ombre della camera scura. Qualcuno che aveva servito il Re fin dalla sua nascita, e che non poteva permettere di essere sostituito dalla prima ragazza che capitasse a tiro. Qualcuno che aveva sacrificato la sua vita più e più volte per il suo Signore. Un cigolare di lamiere, preannunciò l'arrivo del cacciatore, il più fedele e obbediente dei servi del Monarca, invidioso dell'opera del suo filatore. Il Golem, il cavaliere di Ray, il compagno di tutte le sue avventure, comparve dalle tenebre alle spalle di Sephrine, imponente come mai era stato. Statuario, la squadrò con occhi gelidi dall'alto della sua maestosità, ricolmi d'ira. Lo sguardo di Ray si riempì di terrore quando vide la mano della creatura scendere velocemente verso la sua ormai ex-avversaria. Anche volendo, non sarebbe riuscito a muoversi in tempo per fermarlo, e la bestia avrebbe sollevato la ragazza stringendola fra le proprie dita, per poi stritolarla, riconquistando il suo Padrone. Meticolosamente, il cacciatore aveva scelto il momento migliore per distruggere l'opera del filatore, e proseguire col delinearsi della favola.
CITAZIONE Ferite: Nessuna Energia: 38% Status Golem: 100% [Primo turno su Tre] Note: In questo post il golem andrà considerato come se evocatosi spontaneamente e da solo. Tuttavia è un semplice sacrificio interpretativo: A livello di gioco tecnico ho scalato naturalmente il costo della tecnica all'energia di Ray.
CITAZIONE S i i l a m i a F o r z a ~ [...] Questo potere può essere canalizzato tramite la parola. Come molti dei suoi avversari avranno potuto notare, infatti, Ray è una persona che ama molto ascoltare la sua stessa voce, nonché distruggere e infrangere l'orgoglio avversario tramite di essa, parlando e conversando all'interno del duello come se lui e l'altro fossero tranquillamente seduti a fare salotto. Tutto ciò ha conferito al ragazzo un carisma non indifferente, e un'invidiabile capacità persuasiva, impressionante a dire la verità. Spendendo un consumo pari a Basso, e impregnando le parole di carica psionica, tutto ciò che Ray dirà alle orecchie dell'avversario passerà per vero, indipendentemente da ciò che lui dica. Le sue capacità di parlatore possono perfino convincere le menti più deboli del contrario di tutto ciò che pensano, distruggere i loro ideali, rigirarli a piacere o, addirittura, variarne i ricordi. In ogni caso, la veridicità delle parole di Ray sarà inoppugnabile in qualsiasi situazione, non importa quanto sia grande la bugia da lui architettata. Anche se questo non comporta all'avversario di comportarsi in un qualche modo. Non è infatti possibile per Ray ordinare a qualcuno di fare qualcosa tramite questo potere, e sperare che lui lo faccia, e non solo che vi creda. Quest'ultimo effetto consuma naturalmente uno slot tecnica del turno. [Utilizzato per rafforzare il "Lo Farò", che passerà per inoppugnabilmente vero alle orecchie di Sephrine, salvo difese eventuali.] S i i i l m i o C a v a l i e r e ~ Ray è in grado di evocare ad un costo Critico, una sola volta durante il duello, il suo potentissimo cavaliere. Questi altro non è che un golem di ferro, rappresentato da un enorme cavaliere in armatura, armato di una possente spada. Il costrutto va considerato d'un energia inferiore all'evocatore, com'è solito, ma anche come un'evocazione di livello critico priva di alcun potere che non sia rappresentato dall'altezza della creatura e dalla sua struttura in ferro. Il fatto che l'evocazione sia di così alto livello benché la creatura sia priva di poteri particolari implica che la sua forza, resistenza e qualsiasi altra statistica sia immensamente alta per i normali standard. Il golem è infatti in grado di resistere facilmente a molti dei colpi dell'avversario, seppur sommariamente, e subire un numero incalcolabile di colpi fisici rimanendone indenne, grazie alla sua ferrea costituzione. Nonostante le sue apparenze, è dotato di un'agilità considerevole, e di una velocità non dissimile. La sua forza è inoltre in grado di frantumare qualsiasi tipo di roccia col minimo impegno, rendendolo una delle creature più potenti di Asgradel. Essendo un costrutto, sarà immune a qualsiasi tipo di condizionamento psicologico e/o illusione, purché non sia votato a colpire appositamente le evocazioni. Il degno cavaliere di Ray. Il golem va considerato un'evocazione di livello critico. Se non richiamato, resta sul campo per due turni dopo quello d'attivazione, svanendo al termine del secondo turno, per un totale di tre turni.
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