^zephiro^ VS Ray~

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Staffwarriorday
view post Posted on 15/12/2007, 18:46




Primo turno, gironi alla svizzera
Esperti

Death Rebirth VS Engel



Scontro: ^zephiro^ - Ray
Arena: Giardino dei Sospiri
Condizione Atmosferica: Sereno, temperatura mite
Primo Post: Ray

Condizioni di Vittoria

~Morte dell’ Avversario
~Resa
~Esaurimento dell'energia


Note

Ogni dettaglio omesso volontariamente o meno dalla descrizione dell'arena è delegato alla sportività del giocatore. Questo lascia libero spazio all'interpretazione dei player, con l'ovvio avvertimento che i giudici valuteranno eventuali eccessive "libertà" prese dai giocatori, penalizzandoli ove necessario.

Per ottenere i giudizi sono richiesti minimo due post attivi, più quello di presentazione. In caso di non raggiungimento della quantità minima di post, se questa mancanza è dovuta ad entrambi i player, si assegnerà un pareggio. Rimando ad un topic che verrà aperto molto presto in questa stessa sezione per ulteriori dettagli sull'argomento.

 
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Re Mascherato
view post Posted on 18/12/2007, 19:49




image

«The puritan filth, where ivy grows
The poisoned tear, the thorn, the rose
The sin, the pleasure, the sexual urge
Is what i choose to be King's cure
»


Da quanto tempo ormai non godeva più di una vittima?
Quanto era passato dall'ultima volta che aveva scavato nelle carni di un ribelle, smembrandone gli arti e dilaniandone le speranze, cibandosi del suo ultimo spiraglio di speranza?
Non trovò risposta, ma, incredibilmente, si sorprese di se stesso quando scoprì che lo stesso specchio che l'aveva trascinato su quel campo di battaglia rifletteva appieno ogni suo pensiero, denudando la sua glabra fame d'impuro; spezzandosi seguitando alla bieca smorfia del suo sorriso. Screziato, ogni riflesso s'accodava alle curve del suo viso, colorandolo d'un piacevole chiaroscuro e delineandone ogni imperfezione, dilatandone la figura.
Lento, alzò un palme verso quello e lasciò che le dita affusolate vi scivolassero al di sopra, sfiorandone i bordi. Accarezzò appena quel ghigno famelico, per poi proseguire verso l'alto, disegnando i tratti di quegli occhi fuori dalle orbite, per poi ridiscendere dolcemente lungo la guancia, lasciando che le punte delle dita lottassero solo un poco contro il gelo della vitrea superficie.
Schioccò le labbra in una tacita esultanza, per poi passarvici sopra la lingua e inumidirle solo appena.
Quanto tempo, caro il mio riflesso.
Quanto tempo, magnificente gioia del Re.
Quanto tempo Ray, monarca torturante i propri sudditi. Finalmente sei rinato.
Eppure, il ragazzo aveva sempre saputo che non v'era cura migliore alla sua persona che non consistesse nel peccato o nel piacere, nella lacrima o nella spina. Tuttavia se n'era allontanato, accomodatosi alla propria regalità.
Per poco, aveva trovato difficoltoso vedere alle persone intorno a se come ciò che in realtà si presentavano a lui, e per qualche tempo aveva addirittura rischiato d'accettarle e avvicinarle a se, come s'avesse realmente bisogno di loro.
S'era rammollito, si sarebbe detto in altri tempi. Ora, in quel momento, la bestia in lui urgeva e premeva assetata, chiedendogli di non perdersi nel compiacersi a rimirarla viva.
Eppure, avrebbe dovuto saperlo, per lui non v'era spettacolo più grandioso di quello.
Oggi, in quel giorno, avrebbe nuovamente sviscerato le carni di un suddito. Percepito l'angoscia del dolore. Terrorizzato terribilmente un'altra vita plagiata su carta. E avrebbe lasciato che la paura, l'esitazione, l'accelerare dei battiti del proprio avversario penetrassero all'interno del proprio corpo, dipanandosi come un'infezione e dilagando come la peggiore delle droghe, inibendone i sensi e lasciando che gli istinti lo coronassero, cantando inni al Re rinato.
Di lì a poco sarebbe tutto ricominciato un'altra volta, e sì, a quel pensiero il monarca si stava inevitabilmente eccitando.
Ma così come la magia trova un inizio, tanto celere incontra la propria fine, e lo specchio che l'aveva risvegliato dall'incubo, svolta la sua funzione, sparì nel nulla, lasciandolo solo sul campo di battaglia.
Prima di volgersi al suo avversario, però, portò la mano ancora alzata al viso, cercando di piegare l'espressione snaturata del suo volto nel distendersi di ogni fibra, cercando il sorriso di un tiranno, e non quello d'una fiera.
Malcelato, diede un breve colpo di tacco e si voltò verso il pasto che gli era stato lanciato, lasciando che il manto nero dilaniasse l'aria intorno a lui, e che i fiori gridassero alla sua persona, orripilati, ad ogni sua mossa.
Schiusesi le labbra in un bieco sorriso, l'aria si spezzò per lasciarlo proferir parola, e i sospiri del giardino si piegarono sotto il suo sguardo gioioso, cessando d'improvviso.
Ogni filo d'erba parve inchinarsi al suo solo voltarsi. Ogni ramo parve tendersi verso di lui per porgli giusto omaggio.
E poi, Re, parlò.

«Moccioso, vediamo di terminare questa lezione il prima possibile.»


L'espressione sul suo volto si contorse, distorta come solo uno specchio d'acqua avrebbe saputo renderla, e il Re alzò il dito indice innanzi a se, sgranando gli occhi.

«Consiglio numero uno.»


Una pausa. Il dinaparsi dell'espressione. Follia.

«Chi dall'abisso non fugge a frotte, alla fine l'abisso l'inghiotte.»


CITAZIONE
Energia: 100%
Ferite: Nessuna
Tecniche e Abilità utilizzate: S i i l a m i a F o r z a ~ Ray è in grado di incutere paura nelle persone a lui accanto. Il livello di paura sarà sempre presente, e non condizionato dalle caratteristiche psicologiche dell'altro, ma in quantità diverse, a seconda di quanto e come si entrerà in contatto con lui. Percepirne solo l'odore, infatti, provocherà semplicemente un leggero brivido lungo la schiena. Ascoltare le sue parole, o i suoi passi, accrescerà questa sensazione, alimentando i brividi e la paura. Entrare in un contatto visivo profondo e analitico, oppure troppo prolungato con Ray causerà un lieve senso di terrore. Percepirne la presenza ma non poterlo vedere aggiungerà a questo anche un lieve senso di ansia. Un contatto prolungato con il suo corpo provocherà vero e proprio terrore, e cercare di entrare nella sua testa per utilizzare un'illusione, o qualsiasi altra tecnica che necessiti di manipolare la sua mente, è un rischio che nemmeno i più coraggiosi potrebbero arrischiarsi a compiere, uscendone sani. Quest'ultimo effetto risulta praticamente inutile in quanto Ray, possessore della abilità "Sii la mia Astuzia", resterebbe immune alle illusioni in ogni caso. Questi effetti sono comunque attuabili solo su utenti di energia pari o inferiore. La paura, in sostanza, equivale a quella di ritrovarsi da soli in una stanza completamente buia, senza sapere da cosa si è circondati.
La paura non è né magica, né illusoria. E' semplicemente una sensazione emanata dal personaggio più assimilabile al concetto che "Ray fa paura" per i suoi comportamenti e il mistero che aleggia intorno alla sua figura. Un'abilità quindi più utile a scopo narrativo che all'interno di un duello. [...][Citata solo la parte del potere speciale impiegata.]

 
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^zephiro^
view post Posted on 25/12/2007, 13:00




Specchio specchio delle mie brame,
chi è il più crudele e folle del reame?
E risposta non giunge al quesito
Prima d’ora indiscusso et securo
Or dubbioso l’esìto.

Predisposizione del Fato,
Or giunge un altro Malato
Affetto di follia e crudeltà,
proprio col Maestro, ei si scontrerà.

Al termin di pazzia et follia,
chi mai la spunterà?


S
profondò su una superficie vitrea che l’avrebbe condotto al sito del duello.
Difficile spiegare ciò ch’ei provò. Tutt’un travaglio interiore che precedeva la battaglia.
Il corpo lentamente spariva attraverso lo specchio disadorno a lui riservato. Lentamente di quella manifestazione di pazzia, follia, crudeltà e malvagità vivente non rimase che il ricordo fresco nelle menti degli spettatori. La figura sinuosa sopravestita di rosso si moveva elegante m’al tempo stesso irruente, la sua stessa esistenza era data dalla contrapposizione netta e costante di due fattori –il sangue misto n’era la prova, contrapposizione tra l’eredità Umana e l’eredità Vampirica. L’ultima reale visione concessa al pubblico –come fosse il più grande degli onori!- fu quella del suo cappotto rosso scarlatto che si trascinava dietro alla figura tetra e funesta, sfiorando la superficie del suolo terreno e mortale, inadatto –in vero- a Creature Superiori come lo potesse essere Demitri!

Dopodichè, il Nulla.
Una strana sensazione lo avvolse, i sentimenti che da sempre lo rappresentavano andavano via via intensificandosi mentre del corpo non rimaneva più nulla. Quasi non fosse mai esistito.
L’attraversare la vitrea superficie lo condusse in un lungo corridoio nero, ottenebrato dal Nulla stesso, in cui non si vedeva filo di luce, d’uscita. Ma –come forse c’era d’aspettarsi in un individuo simile- ei non provò affatto timore, tutt’al più Divertimento!
Ogni singolo incontro, ogni singola parola, ogni singolo fattore di quella manifestazione di potenza –cos’altro non era infondo il tanto citato Giorno dei Guerrieri?- trasmetteva entusiasmo quasi sinistro al Vampiro, che ne traeva sempre più divertimento per l’avvenire successivo sempre incerto e dubbioso. Ancora era frastornato al pensiero di chi fosse il suo avversario, ma come un fulmine –veloce e guizzante- gli trapassò la visione di quell’Individuo…
Quando fece il proprio ingresso all’Arena –concedendo di mostrarsi agli spettatori tifosi- intraviste un individuo che il solo guardare trasmetteva un brivido d’eccitazione. Sperava vivamente di capitare contro di lui.
Il lungo corridoio nero sembrava interminabile, esso rappresentava l’attesa che era costretto a patire carico di pregustazione. Non vedeva l’ora di sguainare le armi, non vedeva l’ora di nutrirsi col sangue, non vedeva l’ora di smembrare il corpo nemico finché non sarebbe rimasto che poco più di ceneri. Gli occhi naturalmente rossi erano fulgidi, la ragione inesistente.

Dopodichè, la Gioia.
Quanto più lunga era l’attesa, quanto più sarebbe stato il divertimento acquisito da quel Duello. La pazienza veniva sempre premiata -solevano dire alcuni uomini.
Ma finalmente, ecco che uno spiraglio di luce molto fioca venne a palesarsi.
Infondo al nero tunnel –a parvenza privo d’uscita- ecco che quella luce fioca sembrava divenire via via più intensa e forte! Sembrava addirittura accecare i poveri occhi tanto cullati dalla notte et tenebra assoluta.
All’infuori di questo –però- ciò che pervase Demitri fu Gioia Pura.
Oltre quella luce sarebbe cominciato lo scontro. Le Vere Danze erano oramai iniziate, e non rimaneva che combattere con il sangue e con il ferro per sopravvivere.
Infondo era questo il bello, no?
Mettere in gioco le proprie vite, affidando le speranze di sopravvivenza ad una semplice quanto fragile spada. Il rischio, la sconfitta, la vittoria, la gioia, il dolore, tutto ciò faceva parte di un Duello.
La luce divenne totale. Delle tenebre che a lungo –per un tempo quasi interminabile- lo avevano cullato non rimase più nulla.
Al termine del corridoio –in fondo in fondo- ecco apparire un’altra superficie vitrea che avrebbe permesso il trasporto da un sito ad un altro.
Con impeto oltrepassò la superficie vitrea, consentendo che da essa permeasse tutto il proprio corpo. Beandosi della sensazione d’inebriazione ottenuta.
Dall’altra parte… ecco che giungeva.

M
aestoso, atteso, lodato.
Nello spazio vuoto dell’altra parte si materializzava nuovamente lo specchio che lo collegava dall’una all’altra Arena, ma il Maestro dell’Oscurità non si limitava ad uscire fuori dalla vitrea superficie –come se essa non fosse solida bensì liquida come l’acqua cristallina- ma addirittura a spezzarla.
Irruente, distrusse quella superficie vitrea a metà tra il solido ed il liquido, e la sua figura rossa et nera piombò sul campo come un fulmine a ciel sereno, giungendo con tutta la follia covata in tragitto ch’esplose, atterrando su un verdeggiante prato fresco ed umido per via della temperatura mite. Piccole gocce d’acqua rugiada tingevano i singoli fili d’erba piccoli e sottili.
Teneva uno sguardo folle –che a persona normale avrebbe facilmente trasmesso terrore- con gli occhi rossi fuori dalle orbite. La pelle pallida come la luna su uno sfondo nero, le labbra deformate in un sorriso storpiante, talmente pronunciato da scavare nelle gote delle fosse marcate. I denti –altrettanto bianchi come l’epidermide- erano tutti aguzzi e leggermente più lunghi del normale. Le orecchie leggermente appuntite, si presentavano identiche a quelle umane. I capelli assolutamente neri erano sotto l’influsso dell’aeree che leggiadro spirava in sua direzione, dandogli sostegno e velocità in qualsivoglia movenza; essi erano sottili come i fili d’erba, e scuri come il sangue di un ghoul. Vestiva con un’elegante giacca nera –la stessa che teneva al Gran Ballo celebrato nella dimora del Falco- il cui tessuto era tra i più pregiati, ovvero garbadi di seta; sotto di essa una magnifica quanto semplice camicia bianca in lino, visibile solo all’altezza del colletto poiché la giacca era tenuta chiusa dai bottoni decorati in oro e –in minor parte- d’argento, materiale che essendo solo in parte Vampiro non temeva affatto; come soprabito teneva –sbottonato- un cappotto rosso di cachemire con alle maniche bottoni in zaffiro; pantaloni di seta neri scendevano fino alle caviglie –eleganti- da dove cominciavano delle scarpe provviste di tacco, il cui cuoio era nero e semplice. Infine le mani erano agguantate, guanti bianchi come la neve -che ahimé non scendeva sul campo di battaglia ai due sfidanti prefissato. Sulla superficie del tessuto due cerchi runici che permettevano l’affluire dell’Alchimia senza ricorrere –per ogni singolo caso- al tracciamento dei cerchi alchemici su superfici solide. Non che senza i guanti non sarebbe riuscito ad usufruire dell’Alchimia… la sua natura stessa, la sua nascita, il suo scopo e destino era quello di essere una macchina al servizio della Grande Arte, sia col corpo che con lo spirito.
Facendo forza sulle robuste braccia, ei si issò in piedi, scrutando l’orizzonte.

Prima ancora che gli occhi abbagliati dalla luce dell’uscita potessero mettere a fuoco il paesaggio, già alle narici arrivavano una mescolanza di profumi ed odori… con il senso dell’olfatto riusciva a distinguere numerosi fiori di quel grande spettacolo floreale. Ortensie e margherite si stendevano su un giardino d’infiniti profumi, svettanti alberi di ciliegio con i loro coloriti rosastri che portavano alla mente la primavera in tutte le sue delicate sfumature.



Stava appoggiato al limitare del ponticello, sospeso sul cristallino ruscello. Il legno era tinto di bianco, una passata perfetta, impeccabile. Solo di rado –o addirittura mai- si scorgevano parti di legno sverniciate.
Il ponte era lungo all’incirca tredici metri, ed aveva una forma semicunea. La staccionata era alta circa centottanta centimetri dal livello del ponte, evitando così facili cadute dalla struttura solida e statica. Di fatti il legno era molto spesso e massiccio, ciò avrebbe impedito una sua ceduta, e non era congiunto dall’uno all’altro capo con delle semplici corde, bensì l’intera struttura a partire dai rampicanti era fabbricata in legno di salice –i cui alberi abbondavano nell’area circostante.
Il letto del fiume era profondo per quattro metri buoni, che si riducevano ad uno in prossimità della riva. Sul fondo marino erano cosparsi rocce di grandi dimensioni e spessore. Una caduta dall’altezza del ponte –sospeso a dieci metri circa dal ruscello congiungeva due piccole alture del luogo- sarebbe probabilmente stata fatale. Ciò avrebbe contribuito a rendere lo scontro più emozionante.
Il tempo era sereno, non tirava per nulla vento… forse di tanto in tanto qualche spiro vago che non portava con sé né frescura né calura. La temperatura mite non avrebbe dato fastidi né pregi.

Il cielo era tinto su toni caldi quali arancio e rosso, non vi era traccia di nuvole nemmeno volendole cercare. Dietro alti alberi di aceri e salici – i quali raggiungevano vette oltre i venti metri- traspaiono i raggi del sole, in procinto a tramontare per far spazio alla bellezza della luna.
Il sole dava le spalle all’Immortale Demitri, ed i raggi luminosi colpivano solo le vesti rosse del cappotto che scendeva fin sotto il ginocchio. Ciò avrebbe diminuito il fastidio subito, non era da confondere un Vampiro puro ad un Sanguemisto. Tra i vantaggi di quest’ultimi, infatti, rientravano l’immunità alla stella che non causava la morte bensì solo un fastidio prolungato. Inoltre così com’era conciato il portatore di sangue impuro era difficile che qualcuno di quei raggi penetrasse. La posizione lo avvantaggiava anche lì, di fatti essendo il sole alle sue spalle non avrebbe toccato la sua pelle, al contrario avrebbe infastidito notevolmente –o almeno così si sperava- la visione del nemico. D’innanzi a sé a linea d’aria, alta in cielo, vi era la luna. Che magnifica visione! Seppur ancora era pallida, dato il luminare del sole, era pur sempre visibile… e quella vista rincuorava il Maestro come nessun essere vivente e senziente sapeva fare.
Avrebbe combattuto nel Crepuscolo. L’unico dei momenti insieme all’Alba sua contrapposta in cui Sole e Luna s’incontravano. L’unico dei momenti in cui i due fattori opposti stavano l’uno davanti all’altro. L’unico peccato… era che al Crepuscolo la Luna non era fulgida come di Notte, momento in cui raggiunge il suo massimo splendore.

Lo sguardo perso lì di sotto, oltre il limitare della staccionata, ad osservare quasi incantato lo scorrere dei petali di ciliegio lungo il cristallino ruscello calmo e quiete. Non molto grandi, si attenuavano ad un colorito sul bianco appena rosato a spicchi biforcuti. Uno spettacolo incantevole, benché Demitri non fosse famoso ed acclamato per la sua profondità interiore.
Tutt’al più la gente lo celebrava per la forza della sua Alchimia, la portata del suo Braccio, il proprio Carisma… tutte doti che in battaglia si manifestavano e lo celebravano come il migliore dei guerrieri che la Storia ricordi, nonché uno dei pochi –addirittura unici- guerrieri che sono testimoni dell’evolversi della Storia di era in era, assistendo ai suoi mutamenti, allo svilupparsi di popoli, culture e combattenti.
Una vita
Eternamente
Immortale.

ŇǿŅ Ŧrovĩ ŠiǺ Ðivērŧeňŧe...؟



Una voce deformata dalle tenebre, sorgente dalle tenebre. La cavità del cuore di Demitri ne era il solio.
Ma cos’era? Questa voce incuteva timore e paura ai cuori umani, il solo udirla –nel più dei casi- spingeva la gente all’orlo della disperazione culminante con il suicidio.
La voce anonima sapeva essere tenebrosa e possente, ma consigliera al tempo stesso. D’altronde essa apparteneva al Vero consigliere del Maestro dell’Oscurità…
Hidiesis, Consigliere dell’Oscurità.
Tale era la carica onorifica che svettava orgogliosa la Voce. Da qualunque angolazione occhio umano –e non- guardasse non avrebbe visto altro che il solo Demitri. Nessun altro a parlare, nessun altro oltre lui.
Ed allora –per Satana ed i suoi Demoni!- a chi apparteneva quella Voce?
Giungeva dal petto dell’eccelso Maximoff, eppure le sue labbra sottili e seducenti non s’azzardavano a schioccare l’aria.
Hidiesis, Cuore del Maestro.
Tale era la più alta delle onorificenze! Il più grande degli onori! La Voce era la più alta delle esistenze!
Il Cuore di colui che fuori dal tempo viveva, che da secoli calpestava la cruenta polvere della terra, che da millenni menava la fidata spada per sconfiggere avversari sempre più forti ed agguerriti. L’uomo che nel lungo corso della Storia aveva provato maggior divertimento nella lotta… cruenta, brutale, fatale.
Com’era lunga la sua esistenza, altrettanto lunga era quella d’Hidiesis. Demitri non ha cuore propriamente normale.
Un dato certo ed inconfutabile, il suo cuore non era un semplice organo di propulsione di vita piuttosto un’essenza con cui confidarsi… un’esistenza che completasse il suo “Io interiore”. Si poteva dire che senza Hidiesis l’eccelso Vampiro –Il Maestro tra esponenti della medesima razza- non era nulla… solo un involucro di carne ed ossa.

~ Già… è proprio divertente. Già sento che questo sarà un incontro interessante, caro il mio Servo ~

Pensò il Padrone. Girò il busto in senso antiorario –subito seguito dal resto del corpo-, dando le spalle al limitare del ponticello e –di sotto- il ruscello.
Si girò verso sud, dove il ponticello acquisiva pendenza verso il basso. Per cui si poteva dedurre che Demitri stava in una posizione sopraelevata rispetto al nemico, per lo meno di due metri buoni di pendenza. Ciò gli avrebbe dato un buon vantaggio sull’evolversi dello scontro, di fatti da una posizione simile si aveva un raggio di vista sicuramente migliore e le sue potenzialità belliche sarebbero senz’ombra di dubbio sfruttate in maniera più efficiente.
Il cielo era tinto su toni caldi quali arancio e rosso, non vi era traccia di nuvole nemmeno volendole cercare. Dietro alti alberi di aceri e salici – i quali raggiungevano vette oltre i venti metri- traspaiono i raggi del sole, in procinto a tramontare per far spazio alla bellezza della luna.
Il sole basso in procinto del tramonto dava le spalle all’Immortale Demitri, ed i raggi luminosi colpivano solo le vesti rosse del cappotto che scendeva fin sotto il ginocchio. Ciò avrebbe diminuito il fastidio subito, non era da confondere un Vampiro puro ad un Sanguemisto. Tra i vantaggi di quest’ultimi, infatti, rientravano l’immunità alla stella che non causava la morte bensì solo un fastidio prolungato. Inoltre così com’era conciato il portatore di sangue impuro era difficile che qualcuno di quei raggi penetrasse. La posizione lo avvantaggiava anche lì, di fatti essendo il sole alle sue spalle non avrebbe toccato la sua pelle, al contrario avrebbe infastidito notevolmente –o almeno così si sperava- la visione del nemico.
D’innanzi a sé a linea d’aria, alta in cielo, vi era la luna. Che magnifica visione! Seppur ancora era pallida, dato il luminare del sole, era pur sempre visibile… e quella vista rincuorava il Maestro come nessun essere vivente e senziente sapeva fare.
Avrebbe combattuto nel Crepuscolo. L’unico dei momenti insieme all’Alba sua contrapposta in cui Sole e Luna s’incontravano. L’unico dei momenti in cui i due fattori opposti stavano l’uno davanti all’altro. L’unico peccato… era che al Crepuscolo la Luna non era fulgida come di Notte, momento in cui raggiunge il suo massimo splendore.

Quindici metri circa più in là –nella medesima direzione- finiva il caro ponte bianco e si protraeva un territorio ove il verde dominava incontrastato.
Fili d’erba sottili e sinuosi, alberi maestosi e troneggianti, ortensie dai colori tenui e delicati, margherite gialle, e quanto di più magnificente spettacolo floreale potesse esistere! Il tutto manifestava un profumo intenso e delicato, che beava le narici del Sanguemisto! In quell’area dove Madre Natura abbondò il seminare dei suoi frutti… in quell’area delicata ed armoniosa si stagliava una figura tetra ed inquietante.

Ei lo vide.
Gli parve la creatura più simile a sé mai incontrata prima d’ora, così dannatamente oscuro e superiore. Così vorace, bramoso del sangue e della disfatta nemica. In viso costantemente stampato un ghigno bieco degno d’un tiranno, che alle volte spinto dal piacere macabro o dal divertimento raccapricciante diveniva quanto mai più simile al sorriso d’un Demonio o di una Bestia.
Una figura eretta, dominante, regale, che incuteva timore al solo sguardo.

Difficile spiegare ciò ch’ei provò. Tutt’un travaglio interiore che precedeva la battaglia.
Lenti ed inesorabili, sbiascicanti, i sentimenti si facevano largo nel suo “cuore” per trasformarlo in Demitri Maximoff! La Bestia Famelica assai temuta in duello!
Eppure, forse per l’unica volta in millenni d’esistenza si trovava a combattere un essere a lui assai simile.
In volto si dipinse un sorriso che deformò il viso, trucemente, non rendendolo dissimile da quello di un Folle vivente. Gli occhi brillarono di pazzia, stavolta ben più intensa delle precedenti.
Ed ad essi… s’aggiunse un senso di paura.

Come mai? Rideva, demente e divertito. Eppure il solo guardare quell’individuo gli provocava “paura”. Un sentimento umano provato ben poche volte dal Maestro.
Non seppe spiegare il perché di un simile sentimento, provato proprio in quel momento…
Semplicemente, quell’individuo faceva paura. Ma non una paura reverenziale, tipica degli esseri inferiori che temono gli esseri superiori... oh no…
La paura da lui provata era ben diversa. Una scarica, un brivido che amplificava il Divertimento giovato dall’incontro, che ad ogni secondo, ad ogni granello di sabbia detratto dalla clessidra, diveniva sempre più intenso!

L’udire la voce melliflua di quell’individuo non faceva altro che aumentare quella carica emotiva.
Assai divertito, attese ridendo il dire del gemello.


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« Interessante consiglio, messere. Interessante quanto inutile… dato che non temo l’abisso ed il suo buio infinito. Le tenebre mi sono serve, signore. E benché mi dispiace dirlo…»

Una lunga pausa. Interminabile. Approfittò del momento taciturno per scrutare il nemico, tentare di coglierne un’emozione, mentre quel brivido di paura mista ad eccitazione continuava ad aumentare ogni secondo che passava.
Infine, portò la destra vicino al petto sinistro, sprofondando la mano inguantata all’interno dello scarlatto cappotto. Lentamente. Senza spostare lo sguardo dalla preda.


« …ben presto anche lei mi sarà sottomesso! »

Fuoriuscì la mano.
A differenza di prima, stavolta essa stringeva tra le dita fredde ed affusolate una pistola baluginante nell’aria.
Tese l’arto medesimo in avanti –accompagnando il gesto con le parole ben scandite- in direzione del nemico. A linea d’aria, la canna mirava al petto nemico.
Eppure non vi era cenno di voler sparare.
Meistirus. Tale era il nome dell’arma.
Semplicemente tanto pazzo d’affibbiare nomi al proprio equipaggiamento? Può darsi.
Ma al nome altisonante e tenebroso della pistola, seguiva quello elegante e sinuoso della lama.
Theysa.
Alzando l’avambraccio sinistro, tese il palmo della mano mancina verso l’esterno e l’avversario. Quasi lo invitasse a farsi avanti ed iniziare le Danze.
Per quanto gli riguardava… era pronto.
Dal nulla –come per incanto- la spada della morte si materializzò sulla mano mancina abbastanza robusta da sopportarne il peso decisamente minimo.
Il manico della spada era lungo, ciò gli consentiva di impugnarla ad una come a due mani, senza perderne comunque l’abilità di polso. La lama era di una lega ignota ai più, stessa oscurità fatta solida, e si estendeva per oltre centocinquanta centimetri. Una lunghezza ottimale per ingaggiare corpo a corpo.
I raggi solari toccavano leggermente le armi metalliche donando loro dei riflessi affascinanti. Era interessante notare come toccassero il filo della lama la quale defletteva i raggi in avanti, verso il nemico. Con vigore accecante.
Fletté leggermente le ginocchia, per avere maggior prontezza e reazione, dietro di sé continuava ad estendersi il ponte prima in una salita per circa tre metri e poi per una discesa nel restante spazio –pari a circa sei metri.
D’innanzi a sé il ponte, e –dopo che esso terminava a circa dieci metri di distanza- il nemico circondato da un verde sottomesso e servile.
Che la Natura stessa gli sarebbe stata nemica? Forse.
Che importava? Nulla.
Avrebbe comunque vinto.
Avrebbe comunque dilaniato l’avversario.
Avrebbe comunque inciso sulla sua carne i suoi denti aguzzi, bevendone tutta la linfa vitale.
Si sarebbe comunque divertito.
Questa… era la cosa più importante.


« Prego, a lei l’onore d’iniziare il Valzer, messere! »

Rideva. Divertito.


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image~Status Fisico: Sano. Non riporta ancora alcun genere di ferite. Il respiro è regolare, i battiti leggermente più veloci per l'emozione.
~Status Psicologico: Divertito. Folle. Già pregusta l'inizio effettivo dello scontro, inoltre il solo guardare il suo avversario gli incute brividi di paura. Non una paura vigliacca, bensì brividi che stimolano l'eccitazione al duello contro quella figura sinistra e tenebrosa.
~Energia: 100%
~Abilità Innate Usate: ND
~Tecniche Usate: ND
 
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Re Mascherato
view post Posted on 28/12/2007, 13:22




Nello scorgere l'avversario, sul suo volto si dischiuse un sorriso che altrimenti non avrebbe potuto concedersi.
Gli zigomi si alzarono simmetrici, lasciando schiudersi le labbra in quello che, più che una bieca smorfia, pareva quasi la gioia di un fanciullo innanzi al suo nuovo gioco. Ma solo quasi.
Le pupille si dipanarono fra le palpebre come un fiore che sboccia, e la lingua si mostrò ancora nel pregustare lo scontro, in un gesto che per lui era divenuto scaramantico, come certi numeri ad alcuni.
Gli arti fremevano nascosti dalla veste, e a quella vista, ancora una volta, il giardino dei sussurri risposò in silenzio, tacendo.
Poteva sentire l'adrenalina crescere in lui, ramificandosi dal basso per formicolare sotto ogni lembo di pelle, riscendendo per poi guizzare nuovamente verso l'alto, scaricandosi nelle punte delle dita al volgere della circolazione del suo stesso sangue.
Non lontano da un guerriero che proclama la propria vittoria, ma neanche troppo vicino.
Il suo respiro tradiva il piacere nato nell'assaporare le scosse che frementi gli scuotevano le ossa, affannoso e spezzato, dilaniante l'aria. Freddo.
Non riuscì a sentire una sola parola di ciò che l'altro gli stava lanciando contro, esagitato com'era.
E al termine, come lo squalo azzanna la preda, alzò l'indice verso il suo avversario, quasi emulando ciò che l'altro aveva compiuto con la pistola.
Nel suo volto l'espressione d'un uomo che, abbandonato il proprio cuore per la conquista d'un regno, pregusta una nuova vittoria.

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«Zitto, succhiotto. Non ho terminato.»


La sua voce, vibrante, nascondeva malcelatamente la propria euforia. Non era stizza ciò che vi si leggeva.
Abbassò l'indice e lo alzò innanzi al volto. A lui s'aggiunse il medio, in un gesto che andava notoriamente ad indicare il numero due.

«Mammina non ti ha insegnato che a chi non sa parlare ben s'addice il silenzio?»


E quindi, d'improvviso, diede le spalle al proprio avversario rinnegando tutta l'adrenalina di lì a poco accumulata, quasi non volesse darla in pasto ai porci per una simile sfida.
Purtroppo, s'era accorto della discendenza vampirica del suo avversario, scrutandolo in volto. Una denotazione che l'aveva abbattuto, quasi rattristandolo.
Non aveva mai potuto sopportare la loro razza. E anzi, li aveva sempre considerati più infimi dei falliti, mezzi morti com'erano e come sarebbero stati per sempre.
L'idea di qualcuno che si rialza dalla propria bara gli aveva sempre dato l'impressione del fallimento, per quanto stereotipata potesse essere.
Così, non mostrando'l volto al proprio avversario, dischiuse nuovamente le labbra, lasciando che l'aere godesse del proprio verbo, sospirando sconfitto.

«...Spero tu non ti sia montato la testa, succhiasangue. Non ho intenzione di combattere con te... Anche perché tu non puoi proprio colpirmi, moccioso.»


Una nota vibrante nella propria voce.
Per un istante fu come se fosse stata la sua stessa regalità a parlare, e si sa: Ciò che detta un sovrano, è legge.
E poi, un sorriso.

«Ma sei comunque fortunato, caro amico. Penso che il mio cavaliere sia proprio fatto a puntino per te.»


Un tonfo.
Un tuono, di come quelli che precedono la tempesta.
Dalle fronde innanzi al Re, che ancora dava le spalle al proprio avversario, qualcosa si stava facendo largo, riducendo il giardino dei sussurri a poco più d'una mera accozzaglia d'erbe.
Già dalla loro posizione si potevano sentire il suono di rami stridere contro l'acciaio e'l gracchiare d'arrugginite giunture.
Le piante gridarono, lacerandosi al passaggio dell'imponente creatura, ancora celata alla vista dei due contendenti.
Il Re si riscoprì a sorridere, sentendola avvicinarsi.
Benché non avesse nessun dubbio a riguardo, infatti, era sempre un piacere riscoprirsi totalmente dominanti su un cavaliere dalla tanta irruenza.
Silenzio per un attimo, e poi, con due ultimi grandi passi, la guardia del Monarca fece la sua comparsa sul palco del duello, immane e tanto grande dall'esibirsi nell'emulare le piante che da sempre avevano regnato sovrane sul giardino.
Anche per lui il giardino si ridusse al silenzio, ma in fondo un golem non era vista di cui si poteva godere tutti i giorni. Cavalieri dimenticati dal tempo.

«Divertitevi, eh.»


E prendendo quelle parole come un ordine, il guerriero superò il proprio monarca d'un unico passo, frapponendosi fra i due nella futura certezza di doversi ridurre ad un mero scudo.
Alzò il braccio tenente l'arma e, come solo una frana riesce a fare, lo calò sul proprio avversario, dall'alto.
Ray sorrise, sedendosi a terra.
Non aveva intenzione di muoversi dalla sua posizione, e dubitava che ve ne sarebbe stato il bisogno.

CITAZIONE
Energia: 64%
Ferite: Nessuna
Tecniche e Abilità utilizzate: S i i l a m i a F o r z a ~ [Parte già citata] Tuttavia, questo potere può essere canalizzato tramite la parola.
Come molti dei suoi avversari avranno potuto notare, infatti, Ray è una persona che ama molto ascoltare la sua stessa voce, nonché distruggere e infrangere l'orgoglio avversario tramite di essa, parlando e conversando all'interno del duello come se lui e l'altro fossero tranquillamente seduti a fare salotto. Tutto ciò ha conferito al ragazzo un carisma non indifferente, e un'invidiabile capacità persuasiva, impressionante a dire la verità. Spendendo un consumo pari a Basso, e impregnando le parole di terrore e paura, tutto ciò che Ray dirà alle orecchie dell'avversario passerà per vero, indipendentemente da ciò che lui dica. Le sue capacità di parlatore possono perfino convincere le menti più deboli del contrario di tutto ciò che pensano, distruggere i loro ideali, rigirarli a piacere o, addirittura, variarne i ricordi. In ogni caso, la veridicità delle parole di Ray sarà inoppugnabile in qualsiasi situazione, non importa quanto sia grande la bugia da lui architettata. Anche se questo non comporta all'avversario di comportarsi in un qualche modo. Non è infatti possibile per Ray ordinare a qualcuno di fare qualcosa tramite questo potere, e sperare che lui lo faccia, e non solo che vi creda. Quest'ultimo effetto consuma naturalmente uno slot tecnica del turno.
S i i i l m i o C a v a l i e r e ~ Ray è in grado di evocare ad un costo Critico, una sola volta durante il duello, il suo potentissimo cavaliere. Questi altro non è che un golem di ferro, rappresentato da un enorme cavaliere in armatura, armato di una possente spada. Il costrutto va considerato d'un energia inferiore all'evocatore, com'è solito, ma anche come un'evocazione di livello critico priva di alcun potere che non sia rappresentato dall'altezza della creatura e dalla sua struttura in ferro. Il fatto che l'evocazione sia di così alto livello benché la creatura sia priva di poteri particolari implica che la sua forza, resistenza e qualsiasi altra statistica sia immensamente alta per i normali standard. Il golem è infatti in grado di resistere tranquillamente a più di due tecniche critiche di una pari energia, e subire un numero incalcolabile di colpi fisici rimanendone indenne, grazie alla sua ferrea costituzione.
Nonostante le sue apparenze, è dotato di un'agilità considerevole, e di una velocità non dissimile. La sua forza è inoltre in grado di frantumare qualsiasi tipo di roccia col minimo impegno, rendendolo una delle creature più potenti di Asgradel. Essendo un costrutto, sarà immune a qualsiasi tipo di condizionamento psicologico e/o illusione, purché non sia votato a colpire appositamente le evocazioni.
Il degno cavaliere di Ray.
Il golem va considerato un'evocazione di livello critico. Se non richiamato, resta sul campo per tre turni dopo quello d'attivazione, svanendo al termine del tre turno.
Edit: Mi hanno fatto notare un errore di correzione nella tecnica del Golem, a riguardo della durata. Solo tre turni, ho corretto.



Edited by Re Mascherato - 28/12/2007, 15:57
 
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^zephiro^
view post Posted on 4/1/2008, 00:31




N
on che la razza sia ben stata mascherata, ma infondo il Maestro nemmeno di tanto si curò.
Eppure quell’eccesso di regalità a lui dinnanzi aveva commesso un grave errore. Anzi, forse di errori ne aveva commessi anche più di uno: aveva sbagliato proprio su tutta la linea.
Le bieche labbra pronunziarono parole malevoli rivolte alla propria persona, che mirasse a ferirlo nell’orgoglio o a coglierne emozioni di titubanza non poteva saperlo, ma con altezzosa superiorità fece intendere di non essere nemmeno lontanamente sfiorato da quanto detto dallo strano individuo.
Non osò –almeno per ora- interrompere il discorso di quell’essere circondato dal mistero, e silente attese, mantenendo fede al codice d’onore nobiliare che caratterizzava i suoi modi estremamente fini e regali, forse anche più di colui che gli stava di fronte colmo d’autostima. Non che Demitri non fosse sicuro di vincere, anzi, per lui il trionfo era certo come l’alba del sole o il tramonto.
Come la bellezza della luna.
Quell’uomo gli diede le spalle, quale miglior occasione per ucciderlo ancor prima d’iniziare a scaldarsi, ma ciò sarebbe stato un atto di codardia pura, un atto che mal s’addice al Signore delle Tenebre. In vero fu stupito di un simile gesto da parte del nemico, quasi avesse dimostrato improvviso disinteresse al combattimento che fin dalle prime battute sembrava presentarsi particolarmente divertente rispetto a tutti i blandi duelli che in altra sede si tenevano. Così l’avversario lo ammonì dell’eccesso di zelo prima dimostrato, decretando la completa incapacità di Demitri a colpirlo; un dato non certo finché non sarebbe finito lo scontro.
Ma qualcosa non quadrava… le pronunziate parole non furono sparse al vento, incolte dall’orecchio dell’essere delle Tenebre proprio come credeva, bensì trapassarono l’involucro di carne del Maestro giungendo al covo dell’anima. Dilaniano l’equilibrio dello spirto e dilaga una sensazione di paura, e non solo… era come se il Maestro pendesse letteralmente dalle parole di quell’oscuro individuo. Come fosse il suo Re. Non poteva colpire il suo Re.
Un dato che –in condizioni normali- avrebbe preso per veritiero solo quando con i propri occhi avrebbe assistito al volo di porci, ma che –in questo specifico caso- risuonava altisonante all’interno delle proprie orecchie dall’udito fine, quasi per marcare la sua situazione di incapacità.
Il nemico continua a dargli le spalle, fiero, altezzoso… convinto che il suo cavaliere sarebbe stato perfetto per sconfiggerlo.
Anche ciò veniva indubbiamente preso per veritiero, Demitri si rivoltava dalla tomba per come si comportava.
Assecondava le parole di quell’individuo come fossero assolute, la reincarnazione della verità. Era palese come quell’uomo fosse dotato di stupefacenti abilità persuasive, tali da corrompere l’animo dei più deboli, ma per sua sfortuna la Bestia Famelica era tutto tranne che debole, poteva sì risentire di quel dire, ma anche con gli arti mutilati o privo di energie avrebbe tentato di squartare il nemico finché non sarebbe rimasto che una mera accozzaglia di lembi di carne e fiotti di sangue. Oh si… lo avrebbe fatto, ma ora doveva combattere contro le sinuose parole di quell’uomo.
Il rombo di un tuono cadde metri e metri più in là, bruciando i delicati fiori e le curate erbe, dando vita a basse fiamme che divorarono tutto ciò che vi fu d’intorno. L’elettricità sapeva essere devastante quanto tremendamente elegante.
Quei dolci e delicati profumi lenti andavano per scomparire per far spazio ad odor di bruciato, assai fastidioso per un olfatto fine come quello del Maestro. Fece una smorfia per cacciar via quel fastidioso olezzo, arricciando il naso, ma niente.
Eppure un altro motivo per ringraziare il guerriero ammantato, che con quel basso fuocherello assai distante aveva fornito all’Alchimista interessantissimi elementi da poter sfruttare avanti con l’avanzare della lotta.
La bellezza del Giardino dei Sospiri veniva meno, divorata da quest’ultima potenza naturale, accompagnata ad uno stridio metallico. Forte, intenso, sempre più vicino…

Ma ecco che la mente si desta, ed il Mezzovampiro sorride. Come soleva fare, non un sorriso normale e mortale, bensì un sorriso al limite dell’umano, deformante il volto splendido nella reincarnazione della mostruosità.
L’eccitazione lo trapassava come un fulmine a ciel sereno, non dissimile dal tuono ch’in vero cadde, sbiascicando sulla pelle, risalendo per la schiena, irrompendo nel proprio cuore.
Il rumore metallico aumentava d’intensità, lo sferragliare si faceva sempre più forte finché agli occhi non si mostrò.
L’unico rammarico del sanguemisto fu non poter leggere l’espressione dell’anonimo nemico in quel momento, ed il suo io interiore pregava con tutte le forze che si girasse… che mostrasse il viso enigmatico e superiore ancora una volta, ma purtroppo il desiderio non fu realizzato. Forse perché mancava la stella cadente alla scena, chissà.
Ma il dispiacere fu tempestivamente colmato di gioia pura, emozione, divertimento. Il Cavaliere era arrivato.
Il suo corpo era un enorme blocco in ferro, armato di spada e protetto da un’armatura abbastanza spessa. Un Golem, quale più consono cavaliere per quell’individuo trapelante d’enigma e carisma! Una creatura mitologica rinomata per essere quanto di più resistente bestia ci fosse in Terra, ed oltre la cute impossibile da scalfire, la forza bruta esalava da tutti i pori. Forse peccava di velocità e scaltrezza, ma Demitri non ci avrebbe giurato. Contro quel nemico nulla era certo, e l’impossibile diveniva possibile.
L’ultima raccomandazione dal banditore di potestà fu il divertimento, indi si trasse fuori dal combattimento affidando le sorti del tutto a quell’involucro di metallo. Così gentile da cedergli l’onore di confrontarsi con una delle Creature dimenticate dal Tempo, Demitri provò una forte sensazione d’eccitazione… un incontro contro una simile bestia come mai sarebbe stato? Eppure era altresì vero che un mero involucro di ferro essendo tale era privo di sentimenti, e non poter far soffrire il nemico era una rinunzia indicibile. Effettivamente avrebbe di molto preferito far soffrir quell’uomo enigmatico, ma la vita è dura ed il destino altrettanto, e quell’uomo s’era tirato fuori come d’incanto.
Comportamento vigliacco, eppure Demitri non lo pensava per nulla. Infondo quell’uomo lo aveva detto, il Vampiro non poteva colpirlo, parole prese per certe. Ma si sbagliava, e non solo qui.
Aveva fallito, clamorosamente… dappertutto.


« Un entrée a lei assai consono, peccato che abbia sbagliato su tutta la linea. »

Un passo indietro seguito col busto che s’inchina in segno di reverenza, solo leggermente. Un giusto tributo per quell’essere che gli concedeva gentilmente un avversario assai divertente… un antica creatura della terra.

« Primo errore. Colui che dorme dalla creazione della Terra ti è di fronte, assai imprudente dargli del moccioso dato che da quand’è che vita esiste la mia orma è impressa a questo suolo. »

Sembrava quasi emularlo con i lampanti gesti numerici delle dita, affiancate alle parole.

« Secondo errore. »

Interruzione. Sorriso macabro.

« Io non sono un Vampiro... Sono un Mezzovampiro!»

Il Golem s’avvicinava, irruente, pericoloso. Demitri lo attende, divertito. In un attimo, in un istante… egli analizza velocemente le possibilità di reazione che potrebbe avere contro una simile mostruosità, elaborando velocemente una strategia.
Infondo questa è la primaria delle caratteristiche degli Alchimisti: essere calcolatori in qualunque situazione, poiché la forza viene dall’ambiente e da ciò che da esso puoi reperire.
Non sono solo uomini tutto pozioni, difatti gli strani infusi rappresentano solo una delle loro peculiarità. Principalmente gli alchimisti riescono a trarre forza da tutto ciò che li circonda, sia a livello chimico, che fisico, che elementale: ogni cosa può essere soggetta al loro influsso, ogni materia.
Il cavaliere era un essere alto ed imponente, raggiungeva e di poco superava i tre metri, davvero un blocco imponente e maestoso se si considera anche la sua struttura interamente in ferro.
Contro una simile creatura era da escludere a priori l’utilizzo di abilità di scherma, ed anche dopo aver riversatogli contro tutto il caricatore dell’adorata Meistirus non avrebbe comunque ottenuto nulla di nulla. Bisognava puntare tutto sull’alchimia sia per sfondare quell’armatura, abbastanza spessa ed all’apparenza in scalfibile, che per contrastare quella spada, la cui lama era spessa e superava di poco il metro e mezzo, seguita da un’impugnatura di circa venti centimetri.
Un guerriero perfetto sotto ogni punto di vista, un avversario formidabile. Demitri gli fu sinceramente grato per concedergli un così interessante nemico da abbattere, ma si sa, nella sua eterna esistenza di bizzarre creature ne aveva incontrate a non finire, anche di golem. Probabilmente questo differiva da tutta l’altra marmaglia di creature di medesima razza, non per nulla era il Cavaliere di quell’uomo, ma la strategia d’adoperare era sempre quella.
Rise, come soleva fare quand’era certo d’avere la vittoria in pugno.
Forse peccava d’eccessiva sicurezza, ma ora tutto verteva a suo favore…
Dietro di sé, basso al limitare del tramonto, il sole… così odioso e fastidioso, brillando sulla coperta schiena del sanguemisto non avrebbe recato alcun particolare danno. Al contrario, brillando sulle armi metalliche che impugnava l’essere oscuro avrebbe creato riflessi tali d’accecare chiunque si trovasse d’innanzi a sé. Nel caso specifico l’avversario non sarebbe stato accecato solo per il suo stare di spalle, ma appena si sarebbe voltato –oh si se si sarebbe voltato- l’abbaglio avrebbe causato fastidi agli occhi abbastanza intensi.
Non solo, l’Alchimista ed il Golem combattevano in un ponte… un ponte assai resistente grazie a tutta l’impalcatura in legno massiccio –difatti non sarebbe caduto per il camminare del Golem o qual’altra sua movenza-, ma anche stretto tanto basta da ridurre cospicuamente i movimenti della creatura metallica. Grosso modo sul viale si poteva passare in fila per tre –massimo per quattro- persone di media statura, per cui un essere di oltre i tre metri poteva muoversi ben poco comodamente. La staccionata raggiungeva oltre un metro e mezzo di altezza, così facendo per un uomo di modeste dimensioni sarebbe stato quasi impossibile cadere oltre la struttura solida, ma stessa cosa non si poteva dire per una bestia così pesantemente armata ed altrettanto pesante di costituzione.
L’intera struttura congiungeva due capi opposti che si alzavano dieci metri dal punto più basso dal mare, e dato che i due si trovavano vicino al punto più alto del cavalcavia –che rappresentava una struttura semicunea- l’altezza era di circa dodici metri. Precisamente il Signore delle Tenebre si trovava per due metri buoni più in alto del nemico principale, e di circa un metro più in alto del Golem che rimaneva sempr’e comunque più alto di lui.
L’altezza così cospicua poteva essere grande fonte di pericolo: una volta caduti dal ponte, risalire sarebbe stato di per sé difficile, diciamo pure impossibile se a questo aggiungiamo altri fattori.
Ad esempio la profondità del fiume, pressappoco quattro metri con un fondo roccioso. L’acqua era calma e limpida, ciò non avrebbe favorito il trasporto di materiali quali legni o altre impalcature. La riva era scoscesa e fangosa, una risalita per un golem con pochissima o addirittura nulla sensibilità nelle mani sarebbe stata impossibile, senza considerare l’ingente peso non solo dato dall’altezza –che superava di poco i tre metri- ma anche dal materiale che lo costituiva. Già è facile di per se che un individuo -la cui sensibilità di tatto sia discreta- scivolare inesorabilmente verso il basso, figurarsi per il costrutto.
Ed anche se sarebbe risalito sulla riva ci sarebbe stato tutt’un massiccio che si ergeva per dieci metri circa da quel livello per raggiungere il fronte opposto del ponticello. Il massiccio si presentava con ben pochi appigli, una risalita era ardua e ci sarebbe occorso per lo meno abbastanza tempo per concludere lo scontro. Motivo per cui era inesplicabile la scalata era anche la superficie dei massicci che s’ergevano, non solo priva d’appigli ma anche assai fangosa da far scivolare le dita di un qualunque individuo destinandolo alla caduta decretata, pur tentando una scalata di quest’ultima, quindi, le dita che vi cercano appiglio scivolano in modo inesorabile verso il basso.
Non vi erano guadi meno profondi del suddetto e nessun altro ponte per miglia, il fato lo aveva proprio ben destinato per quest’incontro.
Tutto era pressoché perfetto, per non parlare del materiale di costruzione del Cavaliere. Ferro.

Ferro! Qual metallo più adatto? Certo, fosse stato in oro, in piombo o in mercurio sarebbe ancora meglio, ma di per sé il ferro è uno dei più pesanti metalli in natura, abbastanza pesante da assicurarsi un’ascesa impossibile.
Tra i solidi si piazza al terzo posto per densità al grammo in centimetri cubici.
Un puro principio scientifico, se la densità relativa di una sostanza è minore di 1 la suddetta sostanza galleggia sull’acqua, inversamente affonda. Facile immaginare che la densità relativa del ferro è superiore ad uno… di fatti è pari a 7.8
E quel Golem sembrava interamente composto in ferro… affonderà –oh si se lo farà- ed anche molto molto rapidamente.
Gli occhi del Vampiro si sarebbero beati della visione di quel costrutto inabissare velocemente, vedere l’acqua sommergerlo fino a far sparire la sua visione. Inoltre il ferro essendo un materiale pesante sarebbe facilmente rimasto ancorato ai fondali del fiume, una risalita praticamente impossibile.

Rideva. Il Costrutto si dava così tanta pena per tentare di colpire il Maestro, ma tutto ciò è fatica sprecata.
L’enorme creatura si piega in avanti, calando la lunga spada con così irruenza da far paura i più, ma –naturalmente- non al Mezzovampiro che di simili fenomeni nel corso di millenni di vita ne aveva visti a più non posso.
Proprio come pensato, i suoi movimenti non erano affatto lenti e rozzi, bensì abbastanza veloci seppur non rapidissimi.
I tempi di reazione erano sufficienti per schivare quel colpo, anche perché la creatura mostrò ben poco intelletto. Calava infatti la spada -retta con la mano destra- per attaccare alla medesima spalla nemica, la più distante quindi, e ciò lasciava tutto il corridoio sinistro libero al passaggio del Mezzovampiro, che sicuramente avrebbe approfittato di ciò. Dato che il Signore delle tenebre dava sul suo versante destro del ponte, gli bastò muoversi repentinamente verso l’esterno per far scivolare oltre la grande arma e farla cozzare contro il legno, sicuramente ceduto al suo impeto.
In un movimento assai simile a quello d’un ombra, ei si spostò verso la propria sinistra, lasciando che il cappotto sbottonato ondulasse rendendo incerte le dimensioni della sua figura.
Mosse per primo il piede sinistro in medesima direzione, seguito tempestivamente dal piede destro. La spada oltre di sé avrebbe colpito il vuoto ma riuscì a tirar nell’oblio un pezzo di stoffa del rosso cappotto.

Dannato. Come osava quella bestia costruita in metallo, priva d’intelletto alcuno, squarciare il suo adorato cappotto?
L’avrebbe pagato per questo e –se tutto andava come previsto- la bestia ferrea avrebbe lasciato il sipario molto presto, lasciando agli spettatori l’onore di godersi solo la presenza dei due veri protagonisti.
Ma non vi era tempo per badare a simili scempiaggini, la figura tetra continuava a correre mantenendosi sulla sinistra. Percorse due falcate ampie, portandosi al lato dell’essere imponente che –a quest’ora- doveva essere leggermente sbilanciata in avanti. Si sa, quando un individuo porta avanti un attacco, il non incontrare ostacoli solidi può sbilanciare l’asse del corpo. Nel caso del Golem il tutto andava a suo favore con impeto maggiore, poiché aveva calato la spada con assai irruenza ed aveva coperto la grande distanza di pari a quindici metri con pochi passi rapidi e veloci. Ciò faceva intuire un suo minor equilibrio.

Ma non finiva tutto qui –oh no di certo- e mentre l’essere a quest’ora dovrebbe essere sbilanciato in avanti dopo aver fallito l’attacco iniziale, Demitri in una frazione di secondo percorse un metro e mezzo in corsa, affiancandolo all’altezza dello scoperto fianco destro, scoperto per via della mano destra che abbatteva la lama della spada e della mano sinistra non impegnata in una sua protezione, e fu in quel momento che coronò il suo piano astuto e ben architettato.
Agire… con il primo numero d’apertura.
Certo, non sarebbe stato eclatante come il numero dell’avversario che magistralmente aveva materializzato dal nulla quella Bestia corazzata, ma indubbiamente utile.
Il
Golem
Deve
Cadere.

Pensieri folgoranti nel silenzio, interrotto solo dallo sferragliare del costrutto.
Una creatura così immensamente resistente, in scalfibile, un corpo a corpo contro di essa era semplicemente improponibile. Il Maestro lo sapeva, era conscio d’un simile fattore e non osava dire il contrario, poiché sarebbe risultato non veritiero.
Inutile sprecare un caricatore sopra la pelle di quel “coso”, ed altrettanto inutile infrangere la lama con insistenza snervante. Sprecare un eccessivo quantitativo di energie, abbattendolo con l’ausilio della Grande Arte?
Possibile. Ma se lo avrebbe distrutto a suon d’attacchi, quante delle sue forze sarebbero rimaste in proprio possesso? Avrebbe avuto il vigore necessario ad abbattere il suo vero avversario? O la stanchezza sarebbe stata così intensa da segnarlo definitivamente come
sconfitto?
Ecco, assai probabile era la seconda risposta. Vincere sul Golem e perdere l’incontro erano due fattori assai connessi tra di loro.

Il
Golem
Deve Cadere.
Un pensiero fisso, sembrava addirittura un automa più che un essere vivente.
Era quello il suo unico obbiettivo, lo avrebbe perseguito con tutte le sue forze, finché l’ultimo esalo di vita non avrebbe abbandonato la sua anima.
Affiancava la coriacea creatura stando quanto più vicino al suo fianco destro. Inizia il numero, tira in aria la pistola retta nella mano destra.
Vorticante, essa si libra in cielo come una libellula, destinata –però- al tramonto et ricaduta. Una triste sorte, una necessaria sorte.
Pochi secondi per agire, la pistola ha raggiunto il culmine della sua altezza nel lancio. Sul posto ella si alza di ben due metri, abbastanza d’offrire un tempo strettamente necessario nel coronare il sogno.
Mentre Meistirus vortica nei cieli, la mano destra di Satana sprofonda all’interno del cappotto, sbottonato e largo a causa dell’afflusso d’aeree che aveva pervaso il corpo di Lui nella brevissima corsa. Cerca un qualcosa nella tasca interna, ma che sarà mai?
L’unico indizio è un tintinnare di vetro, e poi… la uscì.
Una pozione, ecco cos’era l’oggetto ricercato.
Ma cosa vorrà fare l’Alchimista? Oramai la pistola sta ricadendo, manca solo un metro.
Le dita della mano destra, coperta da quel candido guanto di delicata stoffa sulla cui superficie è tracciato il simbolo del Diavolo, avvolgono la piccola pozione, non percependo il freddo della superficie vitrea così distaccata e lontana dalla parola denominata “calore”.
Quel vetro –alle menti dei più- potrebbe ricordare Demitri, un essere il cui corpo è freddo in maniera non dissimile, la cui pelle è pallida come la luna su uno sfondo completamente nero, un essere… cui il destino non comanda.
La pozione è stata afferrata, la presa è assai salda. La mano forte fuoriesce dal cappotto tenendo quella pozione con così vigore da romperne la superficie, lasciando che il contenuto schizzi e si riversi nell’aria.
Ah che disastro! Tutto per colpa della semplice distrazione!
Ed ora, per colpa della sua distrazione, cosa sarebbe successo? Destinato alla rovina, alla disfatta totale, alla sicura decaduta? Oh Demitri, ogni tuo servo non ti avrebbe considerato tanto stolto da compiere una simil scempiaggine!
No, signori e signore. Non alzatevi Messeri e Madame, anziani e giovani infanti, state seduti a guardare lo spettacolo… poiché il Re dei Re ancora era lì, con in viso dipinto un sorriso talmente largo da enunciare autonomamente la vittoria.
Trionfo, a ciò era destinato il suo combattere.
Sono millenni che impugna la spada, e millenni che si alzano inni di gloria et potestà in suo nome!
Anche stavolta, l’inno glorioso si sarebbe levato dagli spalti, e tutta quell’ammasso di sconosciuti avrebbe per sempre ricordato il suo nome.
La superficie vitrea si sgretola in tanti pezzettini taglienti come lame di rasoi, che inesorabilmente schizzano a destra e manca. Molti di loro si azzardarono persino a squarciare il guanto bianco ed a ferire la mano, da cui distillò sangue infertile.
Non aveva la benché minima importanza, ora.
Dal contenitore delicatamente costruito in vetro, si levò una sostanza non dissimile dall’energia.
Aria ed Energia.
Il
Golem
Deve
Cadere.

Vai… via.
Solo le labbra si mossero, ma da esse non fu emesso alcun suono. Forse la gente lontana, seduta placidamente sugli spalti, avrebbe potuto leggere il labiale, percependo il significato del messaggio. Ma anche se non lo avessero fatto, andava comunque bene, poiché gli effetti della pozione avrebbero parlato da sé.
Aria ed Energia, i due elementi si propagarono con tempestiva velocità in maniera circolare tutt’intorno a Demitri.
Quasi fossero cori e canti che si levavano in suo servizio, prostrando il giusto omaggio che una così folle essenza meritava, con centro Demitri, tutto ciò che lo circondava doveva andarsene.
Un ordine così tassativo che l’aria e l’energia non persero tempo ad eseguire. Sul versante sinistro dell’eccelso Maximoff la staccionata si ruppe fragorosamente e pezzi di legno di modeste dimensioni schizzarono in aria per poi ricadere fragorosi oltre il limitare del ponte, sul versante destro –invece- l’aria mista ad energia tentava d’insediarsi sinuosa come solevano fare i serpenti tra la ferrea costituzione del costrutto, con l’unico obbiettivo di spedirlo oltre il limitare del ponte… giù per il fondo degli abissi.
Fu questione d’un attimo, così come il vitreo contenitore veniva infranto la materia in esso contenuto si rilasciava, così veloce da non essere nemmeno contrastabile, l’azione non poteva essere neutralizzata.
L’intensità di Aria ed Energia era abbastanza grande da non farsi grandi scrupoli a sollevare una montagna come quel Cavaliere, pertanto la sua costituzione non gli avrebbe giovato molto nello specifico caso.
L’aeree corrotto dalla potenza si propaga all’altezza delle ginocchia del colosso, con un’intensità tale da sbilanciare l’asse di equilibrio della nobiliare creatura, sollevandola dal terreno per un metro buono per poi –con tutta la forza in proprio possesso- soffiare impetuoso per allontanarlo cospicuamente dalla zona di battaglia, contro la staccionata sul versante destro del sanguemisto.
Ecco che la costituzione della creatura sarebbe andata a proprio sfavore, di fatti con l’impeto con cui sarebbe stata sospinta il legno della staccionata si sarebbe piegato e spezzato con facilità, anche grazie alla forza di gravità che lo chiama sotto il ponte, nel regno degli abissi.
Un piano calcolato perfettamente, inoltre non lasciava alcuna via di fuga. Demitri contava sullo sbilanciamento del costrutto in avanti in seguito al mancato fendente, ma semmai esso non sarebbe avvenuto avrebbe influito assai poco, poiché le movenze agili e l’azione portata in contemporanea aveva avuto una tale tempestività da non essere facilmente neutralizzata. Inoltre non si può infrangere l’aeree energetico, ed esso si sarebbe propagato in maniera circolare per metri tutt’intorno, così che semmai il Golem avrebbe tentato di correre in avanti per scappare sarebbe comunque stato investito e scagliato oltre il limitare del ponte.
Ma Demitri, semmai la creatura in ferro avrebbe saltato sul posto o in avanti alzandosi dal livello del suolo, cosa sarebbe successo?
Semplicemente l’aeree tendendo ad “alzare” il nemico per spingerlo di schiena al suolo, avrebbe sbilanciato l’asse di equilibrio in salto e puntando sulla forza di spinta avrebbe comunque adempito al suo compito destinato.
Torna al regno degli abissi… immonda creatura. Poiché la terra non merita la tua presenza.
Un onda d’urto di potenza inaudita, tale da scagliarlo oltre il limitare, tentando d’alzare il corpo del bersaglio e –data la posizione che dava il fianco sinistro al limitare del ponte e la forza che proviene da sorgente opposta- lanciarlo con la schiena volta verso il basso, e si sa, ciò avrebbe solo sfavorito le sue possibilità di sopravvivenza..
Appigli? L’unico era la staccionata che si sarebbe distrutta poiché indebolita per l’aeree tumultuoso, il peso del Golem e la forza di gravità se mai si sarebbe aiutato ad issarsi sul legno, un appiglio praticamente in sfruttabile. Per il resto… il nulla.
Se l’onda lo avrebbe investito –e data la velocità con cui agiva e la condizione del nemico che aveva appena attaccato era cosa molto probabile- e lo avrebbe sospinto verso l’esterno, sarebbe stato destinato all’affondo.
In aria non vi erano appigli –fuorché l’aeree stesso purtroppo per lui impalpabile- e subito di sotto lo scorrere del fiumiciattolo. Di lì non poteva salire sulla riva fangosa –o almeno così si presumeva- e che s’alzasse per oltre quattordici metri dal fondo del mare -cui la costituzione in ferro avrebbe favorito la scesa- era ancora meno probabile.

Tu non puoi colpirmi.
Queste le parole del nemico, ed erano totalmente vere. Così cariche di un sentimento intimidatorio, e seppur mal addette a Demitri pur sempre veritiere. Non poteva colpirlo… fin tanto che il suo Cavaliere lo avrebbe intrattenuto.
Ma quell’ammasso di latta a quest’ora sarebbe dovuto cadere oltre il limitare del ponte –o almeno così architettava- indegno d’intrattenerlo se non per una piccola manciata di secondi.
Ed allora, the King, perché non scendi tu a combattere con il Signore delle Tenebre?
Tali erano i pensieri che fulminavano la sua deviata mente. La pistola ricadeva ed il numero finiva.

Oppure… no?
Cosa fa, Demitri?
Quell’involucro di pazzia e follia sfida colui che è superiore al regno?
La mano scattante afferra la pistola librante in ciel, con il guanto ancora imbevuto di vetro e sangue.
Il dito fulmineo e senza remora alcuna scivola sul grilletto, e la pallottola fuoriesce dalla canna.
Eppure, non può colpirlo, questo lo sa bene… molto bene. Il dire del sovrano è legge e pertanto indiscutibile.
Ma… anche se non può ferirlo, può pur sempre provare.
Così folle, così pazzo, non ha paura a sfidare il dire di quell’Uomo.
Gli spara, conscio di non colpirlo, ma pur sempre ci prova. Per il gusto di farlo.
Si… proprio così: per il gusto di farlo. Una frase che spiega assai dubbi, come il perché lui combatte o perché continua a vivere in questo stadio tra la morte e il non scorrere di linfa vitale.
Tutta quella macchinosità prima esagita contro il Golem, una creatura imponente si, ma priva di emozioni e pertanto per nulla divertente, era sparita d’un colpo. Ogniqualvolta guardare quell’Uomo –seppur egli fosse seduto e tranquillo- provava un moto di frenesia che pervadeva il corpo, la pelle, la schiena, ottenebrava la mente.
In quell’attimo, erano concentrate tutte le intense emozioni.

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Il dito scivola sul grilletto, la pallottola esce accompagnata dal sonoro scoppio della moderna pistola, il tutto avvenuto in sincronia indicibile con il vento energetico irruente che spazza via ogni cosa, e mentre i sensi dell’udito si concentrano sulle sorti del Cavaliere, tutto il resto è focalizzato sul Re. Poco più in là della pallottola –a neanche dieci centimetri dalla canna- si materializza un buco dimensionale.
Un proiettile lungo quasi sette centimetri, di diametro 15mm, affusolato e perforante. In termini moderni potremmo dire che una pallottola del genere avrebbe perforato l'elmetto militare di cui fanno uso i soldati.
In questo caso... avrebbe lacerato e dissanguato il nemico, colpendolo al midollo spinale -poichè seduto di spalle al nemico- avrebbe potuto persino paralizzarlo o riservargli chissà quale immane sventura in vita.
Tale la capacità di quell’Alchimista, da creare piccoli buchi dimensionali a grandezza di proiettile per permettere a quest’ultimo di viaggiare a velocità inaudita, non attraversando materialmente i dieci metri circa che intercorrevano tra Demitri ed il suo nemico ma entrando nel buco dimensionale per uscire dall’altro capo ove seduto giaceva il vero avversario.
Un buco visibile solo per un occhio estremamente fine –talment’era piccolo-, l’involucro in argento lo attraversa divenendo completamente invisibile e- decine di metri più in là- vicino al persuasore si apre un altro piccolissimo buco dimensionale da cui fuoriesce il proiettile argentato, veloce come un fulmine che s’abbatte sul tronco d’un albero… piegandolo, spezzandolo, terminandolo.

Sparava alla parte più ampia del corpo seduto… al torace, alla sede del cuore e dell’anima.

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image~Status Fisico: Sano. Non riporta ancora alcun genere di ferite. Il respiro è regolare, i battiti leggermente più veloci per l'emozione. Il cappotto rosso è leggermente squarciato a causa dell’attacco del Golem. La mano destra presenta piccoli tagli causati da schegge di vetro, ed il guanto bianco che la riveste è squarciato su vari punti.
~Status Psicologico: Divertito. Folle. Lo scontro è già iniziato, ma mentre contro il golem presenta una mente fredda di metallo ed ingranaggi, assai calcolatrice, contro il Re si fa facilmente trasportare dalle emozioni e dalle parole udite che risuonano altisonanti come verità assolute, ma non per questo infrangibili.
~Energia: 88%
~Abilità Innate Usate: ND
~Tecniche Usate:
SPOILER (click to view)
Nome:Go Away!
Descrizione:Durante il corpo a corpo, se Demitri si trova ed ha bisogno di allontanare da sé l’avversario, estrae con la mano libera una delle sue otto pozioni speciali, quattro nelle quattro tasche esterne del cappotto e quattro nelle quattro tasche interne, tali pozioni contengono uno strano elemento, un misto tra forza d’aria ed energia pura, quindi dopo che tiene stretta una di queste pozioni speciali la stringe forte e questa si rompe, liberando l’elemento che contiene…
Quest’elemento si libera quindi molto velocemente espandendosi in maniera circolare con molta forza d’impatto, in questo modo si tenta di allontanare l’avversario alzandolo leggermente dal suolo e spingendolo lontano da Demitri.
Ottima tecnica per uscir fuori da situazioni di corpo a corpo troppo strette e per passare ad un contrattacco, infatti l’onda d’urto quando allontana l’avversario (di circa 8m) tende ad alzarlo dal terreno con la schiena rivolta verso il basso, il che è un’ottimo momento per Demitri di partire al contrattacco.
Consumo: Basso

Nome:Buchi Spazio Temporali
Descrizione:Con quest'abilità Demitri è in grado di creare piccolissimi buchi spazio temporali, a grandezza di proiettile, per consentire a quest'ultimi di attraversali acquisendo maggiore velocità. In questo modo grandi distanze possono essere coperte con grande facilità, poichè i buchi spazio temporali, essendo collegati tra di loro, permettono al proiettile di non attraversare materialmente la distanza che li separa gli uni dagli altri, ed in questo modo se i buchi saranno collegati in maniera non rettilinea il proiettile potrà colpire anche in varie direzioni con vari cambi di direzione. Ai fini del gioco permette ai proiettili di viaggiare ad una velocità molto più elevata del normale e deviare liberamente. Tutti gli altri effetti sono puramente scenici e non conferiscono vantaggi in gioco
Consumo: Medio

 
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Re Mascherato
view post Posted on 17/1/2008, 12:26




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Non seppe mai come aveva potuto ritrovarsi a combattere al di sopra di un pontile tanto alto, senza prima rendersene conto. Non riuscì mai a capire se non se n'era accorto perché troppo preso nella contemplazione del rinnovato se stesso, o perché distratto da una qualche insidiosa tecnica da parte del suo avversario, della quale non era stata fatta menzione.
Tuttavia, decise di non preoccuparsene più di tanto, e restò lì, seduto, dando uno sguardo alle sue spalle di tanto in tanto e lasciando che la mancina frugasse nelle vesti, alla ricerca di qualcosa che, stando alla sua tacita espressione, doveva essere essenziale per il continuum del duello.
Non era divertito dalla situazione. Per nulla. La smorfia sul suo volto andava sempre più dissipandosi, sgretolandosi e dandosi all'aere, come se qualcuno si fosse preso la briga di soffiarvici sopra nello stesso modo in cui avrebbe soffocato una candela.
I suoi occhi si spensero, facendosi freddi e aggressivi come quelli d'uno squalo disturbato nel suo concedersi a se stesso. La pupilla sembrava giacere scomoda nell'iride, assottigliandosi nel tentativo di dissolversi nel nulla.
La pelle si distese, e'l suo animo s'assopì.
Per quanto amasse i suoi repentini sbalzi d'umore, non poté non odiarsi in quel momento, perdendosi giusto pochi attimi dopo essere riuscito a ritrovare se stesso.
Stagnante, trovò ciò che fino a pochi attimi prima stava cercando all'interno delle vesti.
Alzò l'altra mano, e scartò il pacchettino incartato. Ne assaporò l'odore, la mangiò con gli occhi, e dopo un ulteriore breve attimo di raccoglimento, addentò la sua adorata barretta di cioccolato.
Percependone la forza e la fermezza lungo il palato, non poté fare a meno di chiedersi come aveva potuto resistere senza fino a quel momento.
La spezzò fra le zanne, trovando quindi la fermezza per volgere lo sguardo al proprio avversario alle sue spalle, che con un elegante movenza aveva appena evitato l'attacco del suo imponente costrutto.
Agitò le labbra in un atto di stizza, convincendosi che, tuttavia, avrebbe dovuto aspettarselo.
In seguito, lo vide lanciare in terra una boccetta di vetro. Spezzatasi, questa parve generare una tempesta. Il vento vorticava in ogni direzione, scuotendogli vesti e capelli, portando con se gli odori del giardino, e poi allontanandoli bruscamente, irritando ogni suo senso.
Vide l'altro concedergli un sorriso, e poi un tonfo. Il golem era caduto in ginocchio, trovatosi troppo vicino alla generazione della tecnica, e avendo perso l'equilibrio con il precedente attacco.
Tuttavia, non riuscì a capire che cosa l'avversario si sarebbe aspettato di fare lanciando una tecnica tanto debole.
Far cadere il Golem dal pone, forse? O magari semplicemente cercare d'irritarlo?
Sospirò, e un sorriso non poté fare a meno di dischiudersi al di sopra del suo volto.
Mentalmente, s'annotò d'informare il suo avversario che per smuovere la decina di tonnellate di costituzione del golem avrebbe come minimo dovuto generare un vento tale da sradicare il pontile stesso. Una boccettina di tale livello, nemmeno in grado di scostare il flebile peso del suo fruitore, a quanto sembrava, non sarebbe servita.
Nella sua pazzia, ritrovò il buonumore. Seguendo quella linea spezzata e discontinua che aveva da sempre intaccato la sua psiche, erodendola inesorabilmente.
Le palpebre si dischiusero, e così le labbra, come di consueto.
Lo sguardo ritrovò energia, e un rantolo prese forma per la sua gola, spezzando l'aere.
Tuttavia, prima di poter proferir parola, vide la canna dell'arma da fuoco del suo avversario allungarsi verso di lui, e muovendo la mano libera, lo sparo.
La mancina fece come una piroetta su se stessa, danzando sul polso, e nello stesso istante una patina nera parve formarsi attorno alla sua persona, contro la quale il proiettile andò a scontrarsi, in un'esplosione di schegge.
Quando, come si scarta un pacco regalo, il nastro nero s'allontanò dalla sua persona sgretolandosi parte per parte, anche il suo volto riprese forma, elargendosi in uno dei suoi migliori sorrisi.

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«Sai, zero positivo? Trovo le armi da fuoco un mezzo un po' scontato per chi "ha la sua orma impressa al suolo da quand'è che vita esiste".»

Gli diede nuovamente le spalle, incurante.
L'unica cosa di cui si stava preoccupando era compiacersi adeguatamente del nuovo soprannome appena ideato.
Prima di continuare, diede nuovamente un morso alla sua barretta di cioccolato.
I suoi occhi si socchiusero nell'assaporarne il piacere, poi alzò un braccio quel tanto che bastava perché l'avversario potesse scorgere le dita della mano, indicanti il numero tre.

«"Non ti mettere a giocare se non vuoi pericolare", moccioso.»

Nello stesso istante, uno styormo di corvi nere parve prendere forma dalle fronde più vicine e dalle ombre stesse giacenti sul campo di battaglia, gracchianti e rumorosi come non mai.
Iracondi, le fiere si gettarono contro il suo avversario, oscurandogli ogni lembo di luce.
Nello stesso istante il suo cavaliere, rialzatosi, si sarebbe imposto in tutta la sua imponenza, per riproporre un attacco al suo avversario.
Una spazzata, da sinistra a destra, all'altezza del torace. Veloce quanto non mai, in grado di sradicare dal suolo persino una quercia stessa.
Colpitolo, si sarebbero realizzati i precedenti piani dell'altro, e il vampiro si sarebbe ritrovato a cadere nel fiume sottostante, con poche speranze di sopravvivenza.
Ray non si degnò di curarsi della scena. In quell'istante, addentando la sua barretta di cioccolato, il sapore forte e deciso dell cacao pareva essere l'unica sua preoccupazione.


CITAZIONE
Energia: 56%
Ferite: Nessuna
Status Golem: 92.5% [Secondo turno su quattro.]
Tecniche e Abilità utilizzate: S i i i l m i o I n g a n n o ~ Uno dei più utili e insidiosi poteri di Ray, ch'ha sviluppato dopo anni e anni di ricerche, sezionando ogni singola vittima capitata sotto le spire sue e del suo cavaliere.
Fondamentalmente, il ragazzo è divenuto in grado di dare forma alla sua aura, tramutandola in vera e propria energia dal colore nero e dagli screziati riflessi vermigli, che è solito utilizzare in battaglia.
Muovendo chiaramente le braccia e le mani, come un pittore dipinge la sua tela, il Re creerà fasci d'energia intorno alla sua figura che, più di ogni altra cosa, hanno l'obbiettivo di difenderlo dalle offensive avversarie fungendo da scudo. Le strisce di pittura potranno essere infatti larghe fino a due metri, e alte altrettanto.
Il consumo dell'abilità è naturalmente Variabile, a seconda di quanto la striscia d'energia debba essere potente.
La visione è particolarmente magnificente per tutti gli avversari che, fortunati, dispongono d'abilità d'auspex visive. Questi infatti avranno la capacità di incantarsi innanzi ai flussi dell'aura di Ray che, sotto un suo semplice gesto, si colorano di nero e si ergono a sua difesa.
Con un lungo movimento è anche possibile creare una cupola che vada a coprire l'intero corpo del ragazzo, ma la sua consistenza la farà apparire come sempre in movimento, inconcepibilmente viva.
Benché il potere possa apparire incredibilmente versatile, non lo è. L'aura infatti ha solo scopo difensivo, e non può in alcun modo arrecare danno al proprio avversario.
S i i l a m i a O c c a s i o n e ~ Ad un rapido e spiccio gesto di Ray e ad un consumo pari a Basso, una quantità incredibile di serici corvi neri scenderanno dal cielo, ammassandosi intorno al proprio avversario, pur senza provocargli alcun tipo di danno.
Questi, gracchiando e svolazzandogli a distanza molto ravvicinata, gli impediranno di vedere e sentire ciò che sta accadendo intorno a lui per qualche secondo, oscurandogli la visuale e torturandogli gli orecchi.
Dopo diversi secondi torneranno da dove sono venuti, volteggiando verso l'alto, ma potranno comunque essere eliminati prima.
La tecnica non provoca alcun tipo di danno, ma fornisce a Ray la possibilità di attaccare un avversario scoperto.
Nel caso in cui l'avversario non dovesse essere distratto dai corvi, questi provocheranno lui un danno pari a basso.
Nel caso in cui vi sia un soffitto, i corvi verranno magicamente generati da essi, emergendo dallo stesso come ombre.
Note: Chiedo umilmente scusa per il ritardo nella risposta, ma, come forse alcuni di voi sapranno [Tra i quali spero sia compreso il mio avversario], per lungo tempo la mia linea internet ha deciso di abbandonarmi, impedendomi di entrare in qualsivoglia forum. ;_;

 
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^zephiro^
view post Posted on 20/1/2008, 23:34




Non darti pena, figlio dell’uomo mortale
Pur da qui si vede, da dove non puoi farti male
E tu, non darti pena, Re dell’uomo malizia
In fronte puoi goderlo, lo spettacolo inizia
Forse presto terminerà,
Forse mai finirà,
Forse la danza continuerà,
Poiché lo spettacolo deve continuare.
La Danza delle Ombre, deve ammaliare.



Come era potuto succedere un simile miracolo? Anche gli dèi son capaci di mortali errori?
Forse è per questo che il mondo è terribilmente imperfetto. Creazione di esseri superiori pur capaci d’errori, la stampa di perfezione non esiste né in cielo né in terra, né negli abissi né negli inferi.
Un errore di calcolo, ma era mai possibile?
Decenni, secoli, millenni passarono da quando il Maestro calpesta il suolo della cruda terra, evolvendosi con essa e seguitando il celere avvenir degli anni, eppur in anni di vita condotta nella non esistenza, assai poche volte gli era capitato di errare, sempre se di ciò si trattava in quel momento.
Una lotta contro un essere al di fuori del comune, forse persino dal reale. Era mai possibile che contro l’anonimo combattente non servisse alcuna strategia, o meglio, non servisse la razionalità? Poiché di ciò si trattava nell’attimo.


Il Golem deve Cadere. Ordini categorici nel ciel sereno del crepuscolo, così imperiosi da seguire in maniera intransigente. Eppur qualcosa era andato storto, sfacendo i piani calcolati minuziosamente.
Vento, ma soprattutto energia. Ambo gli elementi, combinati in assoluta armonia, avrebbero concesso l’allontanamento della qualunque in maniera circolare, e ciò spiegava perfettamente anche la sicurezza della tecnica nel non coinvolgere il suo Signore, essendo il punto centrale della circonferenza immaginaria. Un normale essere umano può essere allontanato di ben otto metri, ma nel caso di un costrutto del genere sarebbe bastato circa un metro per farlo cader al limitar del ponte, data la larghezza d’esso.
Una creatura senza sentimenti né emozioni, interamente composta da grezzo ferro, che s’imponeva per ben tre metri in altezza. O meglio, per soli tre metri.
Non è follia, ma solo matematica. Tre metri di ferro raggiungevano un peso che s’aggirava tra una tonnellata e le due tonnellate massimo, un dato confutato ma assai generalizzato. Peso alzabile dal contenuto della pozione, e tra l’altro essendo l’aeree misto ad energia pura un dato come la massa sarebbe stato sorvolabile ad occhi chiusi.


Il tonfo sperato non si avvertì, solo lo scricchiolare del legno su ambo i limitari che cedette di colpo, scendendo al fiume, tornando all’acqua cristallina ed alla natura. In giù piccoli schizzi d’acqua s’alzavano, nemmeno lontanamente in grado di giungere ai corpi ancor poggiati sulla base lignea fin troppo solida.
L’aeree energetico si muoveva a metri dall’altezza del suolo, ecco spiegato il non cedimento dell’intera struttura.


Non solo, ancor il nemico gli serbava una sfilza di sorprese.
Non seppe spiegare né il come né il perché … sapeva solo che il nemico adesso poggiava i piedi regali sul pontile, anch’egli lì sospeso metri sopra la cristallina superficie acquea.
Se era seduto sull’erba fresca, ad una distanza di quindici metri là dove il ponte finiva da un pezzo e si stendeva il prato profumato, come diamine faceva adesso ad esser sul ponte? Ch’egli fosse un incorporea essenza, impalpabile, frutto della mera illusione umana? Fortuna volle, che Demitri non era propriamente umano.


La pallottola sparve al di là del buco dimensionale, nemmeno un istante, millesimi di secondo, che ricomparve in un altro buco dimensionale vicino all’avverso. Eppur con far fulmineo ei erse una singolare difesa, come un nastro al gesto della mano mancina che si allungò deflettendo il proiettile, quasi fosse un insulso mezzo di morte. A confermare ciò furono le parole regali … inquietanti.

Le armi da fuoco un mezzo scontato per colui che vive dalle origini della vita? Ognuno, ogni singola forma vivente per quant’insulsa possa essere, ha il diritto di poter tenere una propria opinione ad ogni riguardo.
Eppur le armi da fuoco bisognava saperle usare con diligenza, e non cimentarsi nell’impresa assurda di sparare a vista. Non per nulla Meistirus aveva circa dodici proiettili. Non aveva bisogno d’ulteriori munizioni per vincere.
Un colpo, e la vita si stronca. Bisogna trovare il momento opportuno, in cui la guardia avversa è bassa, e favorire l’esecuzione di esso con quelle che sono le proprie capacità strategiche e -soprattutto- le proprie abilità innate. Il divertimento stava lì, nel spegnere una vita senza il minimo sforzo. Un divertimento macabro ma che agl’occhi del sanguemisto si presentava come il più inclito dei piaceri.
Ma anche stavolta le parole si insinuavano nella propria mente, condizionandola fortemente ed incutendo in essa paura. La carica d’adrenalina aumentava ad ogni sillaba pronunziata dal nemico, quasi fosse una sillaba intrisa di potere.
Un brivido. La voglia di vincere, a qualunque costo.
Sarebbe morto un’altra volta pur di concludere quello scontro a suo favore, pur di menare l’ultimo fendente o sparare il colpo fatale. Pur di bere il sangue dell’individuo quasi fosse nettare, tingere le labbra d’un colorito vermiglio, ripulirsi il viso sporco della linfa nemica con la lingua serpentina e disgustosa.


Eccola che la mano s’alzava, mostrando il lampante numero “tre”. Il Terzo consiglio, forse assai atteso per vedere qual’altra pazzia quell’uomo potesse elargire.
Un affascinante consiglio quello dell’individuo, peccato che anche stavolta non sarebbe stato seguito.
Già nella mente, fulminea, si palesò la risposta non dichiarata. Un nero stormo scese dalle fronde ed ombre, così rumoroso e folto da oscurare ogni forma di luce.
Essendo in parte vampiro deteneva sensi particolarmente sviluppati, che ahimé si rivelarono inutili contro un simile stormo fin troppo chiassoso.
Il golem era stato affiancato precedentemente, all’atto di schivar il menato fendente, e non occorreva il supplemento dei sensi per capire ove ei si trovasse. Un simile aiuto sarebbe stato assai gradito -certo- ma rimaneva pur sempre facoltativo.
Il nero colonnato s’avvicinò, funesto, eppur non si fece strada nell’esente cuore la paura, bensì il divertimento al limite dell’assurdo. Adorava il suo esser completamente
folle.

Il bieco riso deviava il viso, deformandolo al limite della pazzia, quasi fosse un esistenza assai più idonea in un mattatoio che in un campo di battaglia. Eppur la Danza continuava, orchestrata dal più inadatto dei presentatori, eppur il più Grande dei candidati.

Cos’è la Danza delle Ombre, or dunque vi chiedete?
Armatevi di pazienza, assai presto lo saprete.



Non seppe precisare quali erano le intenzioni del costrutto, né le intenzioni del prinipal nemico, né il compito dei corvi. Nulla di tutto ciò aveva importanza, ma con far forse infante adesso l’unica cosa veramente importante era contrastare il dire regale.

“Moccioso, non giocare se non vuoi pericolare”.
Ma la verità era che Demitri voleva proprio pericolare, o meglio, si sarebbe lanciato in un salto nel vuoto aeree, sprezzante della morte già venuta -oramai non più temuta- e di ciò che il pubblico potrà pensare. Anzi, infondo lo faceva proprio per loro … per deliziarli di un altro dello spettacolo della Danza delle Ombre.

Lo stormo inibì i sensi di vista ed udito, dei nemici non più il collegamento visivo né uditivo, eppur nemmeno di ciò si curò. Gli importava meno del sangue di un contadino sporco e rozzo.
Il crine nero si mosse accompagnato dal movimento rotatorio della testa, a novanta gradi, per osservare oltre la staccionata spezzata un fiumiciattolo invisibile. Ovunque lo sguardo volgeva, solo il nero di corvi che vestivano l’ambiente, ed il nero sembrava alimentare il fuoco di pazzia. Il volto si piegò in un sorriso di maestosità, mentre gli occhi fuori dalle orbite divenivano via via più feroci di morte et sangue. Non solo un sorriso maligno, ma anche una spasmodica risata intrattenuta che sfociò nel demente assoluto.


«Umano, perché non dovrei pericolare? Infondo… io posso volare. »

Rideva. Il fiato mancava quasi dalla spasmodica risata muta per il chiasso, ed ora il dessert per il pubblico.
In cuor suo sperava proprio che se lo sarebbero goduti, quel dolce, e che lo avrebbero gustato nel suo complesso.


La Danza delle Ombre, una danza che da secoli esiste.
La Danza delle Ombre, una danza che mai perisce.



… proprio come quel vampiro, essenza che mai perisce. L’alito vitale non ha abbandonato il corpo per millenni d’anni, e non lo farà certamente adesso.
Il Signore delle Tenebre, immerso nelle tenebre, si cala dal ponte, in un salto nel vuoto aeree.
Estraniandosi dai nemici, quasi loro fossero solo pedine per elargire le sue capacità, si lanciò sulla vicinissima sinistra là dove poch’attimi prima vi era una staccionata piegatasi alla forza dirompete dell’energia, che stranamente non aveva domato il costrutto. Poco importava.
Ruotando sul perno sinistro, si lanciò, ignorando che il suo nemico potesse attaccarlo in alcuna maniera. L’idea non lo sfiorò nemmeno lontanamente.
Effettivamente si rese conto che il costrutto aveva menato una spazzata solo successivamente, quando l’ondulante cappotto venne squarciato all’altezza della schiena, e sulla pelle s‘aprì un taglio molto superficiale da cui colava sangue caldo. Drappi di rosso tessuto sparvero, abbandonando la vestigia pregiata. Un senso di bruciore fastidioso, ma alcuna ferita rilevante. S’annotò in mente di far ripagare anche ciò al nemico. Non una schivata mossa da riflessi vispi -nossignore- ma solo un salto nel vuoto portato avanti nell’attimo stesso in cui si materializzarono quegl’infidi pennuti.


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Una Danza al limite del possibile.
Una Danza, che ha dell’inconcepibile.



Il corpo si allontanava dalla lignea struttura, mentre una morsa gli stringeva lo stomaco. Per lanciarsi nel vuoto ci volevano nervi d’acciaio.
Mentre il corpo veniva richiamato dalla forza di gravità alla Terra, i capelli neri -liberi come sapevano essere i falchi- ondulavano, in una tumultuosa danza di nero, mascherata dal nero.


Orchestrata dal Maestro
Ballata dal Maestro
Ove il coreografo non era altri che il Maestro.



Lo stormo di fiere lo attorniava, alcune di esse picchiettavano il corpo in ricaduta, altre si limitavano a svolazzargli intorno. Al Maestro ben s’addicono le ombre, assai servili le tenebre. Così dovevano essere i rapaci, sebben ostruissero la vittoria nel loro piccolo, e secondo la suddetta legge assoluta dovevano circondarlo. Ora et Sempre.

Il Signore Danzatore, la conduce in terra ed in cielo.
In Cielo ed in Terra, ovunque la Danza continuerà.



Le braccia si piegano, le palme delle mani si avvicinano. Diverse come il Sole e la Luna, eppur dovranno convivere come la stella ed il satellite facevano in quel momento, al Crepuscolo. Mano a mano che s’avvicinavano, i cerchi runici tracciati sulle superfici dei guanti bianchi -il destro tinto del sangue e schegge di vetro della pozione- si illuminarono, luci assolute nel tempestoso buio corvino, ed il vento richiamò.

In terra ove i piedi scattanti si muoveran
In cielo ove il vento tumultuoso servirà.



Servirà il suo Padrone et Signore, in un manifesto assoluto di potere oltre umano.
Gli uomini da sempre anelano al posseder dell’ali, per poter librarsi liberi in cielo -e fuggire così ai doveri terreni?- come se Volo e Libertà fossero due concetti strettamente connessi.
Demitri non ha bisogno di ali, ma solo di volare. Non per raggiungere la libertà -ei è libero da quand’è nato, e l’indipendenza la fa da padrone- ma per distinguersi dalla massa umana indegna. Giacete, miseri, nel vostro regno, mentre lui giacerà nel suo.


E se in ciel lo spettacolo si terrà
Spettatori, sedetevi. La Danza delle Ombre vi delizierà.



Gustatevi il momento, poiché non ve ne saranno ulteriori.
La potenza scorre nelle vene, percorre la pelle e stravolge il sorriso in un’espressione di bieca follia.
La paura dell’avverso alimenta la potenza, il divertimento, e come diretta conseguenza la follia.
Ma lo spettacolo deve continuare, e non vi è tempo per riposar la mente ed il corpo.


Una Danza seduttrice, una Danza ammaliante.
Non staccate il vostro sguardo, assistite alla vittoria, anche se in ritardo.



Il vento tumultuoso manteneva il corpo in quella posizione sospesa in ciel, -distante oltre i cinque metri dal ponte- tagliente come rasoi era possibile che le più vicine fiere al corpo fossero state mozzate. Le restanti, probabilmente allontanate.
Le schegge di vetro impalate nella mano destra si levarono anch’esse, allontanandosi tutt’intorno al figuro di sangue vampirico.
Ma che i sensi vi siano o meno, ciò non avrebbe interessato la realizzazione della mossa che aveva perfettamente pianificato.
Se proprio il Golem non voleva cadere, doveva essere il ponte a cader per lui. E dato che anche il vero nemico giaceva sul pontile -come era potuto succedere? Frutto di pura illusione? Non aveva importanza- avrebbe ottenuto due piccioni con un’unica, intrinseca, fava.
E come farlo cadere? Un’unica parola:
Alchimia.

L’alchimia è una arte grand’e vasta, piena di sfumature e possibili soluzioni a svariati problemi. Gli alchimisti possono sfruttare la paramagia -da qui l’odio covato dai veri maghi nei loro confronti?- usare bizzarre pozioni dai più strambi contenuti e -più generalmente- seguire la teoria dello Scambio Equivalente.
Parte della sua energia, per l’abbattimento del ponte. Uno scambio equivalente, non credete?


Sbatterono i palmi, liberano un tacito rumore. L’energia alchemica rifluisce nel corpo del Signore, per propagarsi nell’obiettivo mirato con irruenza. Ecco che il principio alchemico si applica.
Demitri avrebbe alterato in maniera praticamente istantanea la stessa struttura del ponticello, per farlo crollare. Non lo avrebbe rotto, né distrutto, semplicemente alterato.
Agendo al livello delle giunture della struttura pericolante, ei avrebbe annullato la materia lignea permettendo così al corpo centrale di cadere inesorabilmente verso il basso, disfacendosi in singoli travi di legno troppo corte per esser usate come galleggianti, ad altissima velocità dato il peso che gravava su di esso -tonnellate di ferro, un uomo ed il di per sé elevatissimo peso della struttura portante.
Ma secondo il principio non si può alterare la massa d’un corpo solido, indi se avrebbe annullato le giunture non avrebbe avuto modo di mantenere lo stesso peso del suddetto. Come risolvere l’enigma? Nulla di più facile …
Alterando la struttura stessa si poteva annullare determinate aree purché il peso di esse sia spostato in altre zone dell’oggetto, permettendo così all’Alchimista di poter accorciare od allungare o -per l’appunto- alterare qualsivoglia obiettivo. Se aveva annullato le giunture del pontile avrebbe spostato un quantitativo di materia lignea dal peso equivalente ai lati, allargandolo. Un dato assai poco importante, visto e considerato che il ponte sia esso largo neanche tre metri o poco più, sarebbe ugualmente caduto, in maniera contemporanea nella sua interezza e perpendicolarmente all'acqua. La profondità del fiume giusto quanto basta per poter sommergere il tutto.
È altrettanto vero che il peso specifico umano è esente dall’affondare in acqua, ma portato per il galleggiare. Pertanto il suo nemico sarebbe scampato alla morte con ogni probabilità, ma il golem? Sarebbe dovuto cadere -o almeno così sperava il vampiro- insieme al ponte sua struttura portante, e con esso sarebbe dovuto perire.
Ferro … il peso gli si sarebbe rivoltato contro, e risalire dall’acqua per una creatura da un peso specifico e massa così elevati doveva essere praticamente impossibile. Ma si sa, contro quel nemico nulla era davvero impossibile…
Demitri si manteneva sospeso in aria, a circa dieci metri dalla superficie dell’acqua cristallina. La stessa acqua cristallina in cui si sarebbe tenuto lo spettacolo dell’annegar del costrutto, ad assecondar i propri piani. Il corpo eretto in una base invisibile ed impalpabile, sostenuto dall’aeree che tumultuava attorno a tutto il suo corpo, adeguandosi ai movimenti. Immobile come una statua di sale, eppur soddisfatto e sorridente. Un sorriso che rivelava gli aguzzi denti e che -soprattutto- mostrava l’essenza folle di cui era padrone.


Danza delle Ombre, che splendida melodia!
Agli occhi di tutti, un’estasiante coreografia!
Lode a te, o maestosa Danza!
Lode a te, o supremo Signore!



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image~Status Fisico: Piccoli tagli alla mano destra a causa delle schegge vitree. Taglio lungo la schiena superficiale, a causa del colpo del Costrutto fortuitamente schivato. Il cappotto è squarciato all’altezza della schiena, stessa sorte dicasi per il guanto destro macchiato dal sangue.
~Status Psicologico: Divertito. Folle. Prova quasi gusto ad infrangere ogni consiglio del nemico, e per questo non ha remora nel buttarsi giù dal ponte.
~Energia: 76%
~Abilità Innate Usate:
SPOILER (click to view)
Nome: Teorema dello Scambio Equivalente
Effetto: Il Principio della Stessa Alchimia, la prima e la più importante tra le leggi.
Questo teorema, al contrario del comune pensiero, non è solo un “limite” che viene imposto all’alchimia, bensì una regola di vita universalmente seguita, “non si ottiene nulla se non si fa nulla”.
Eppure recenti studi alchemici hanno trovato alcune contraddizioni nel teorema, praticamente comuni esempi di vita si può vedere alle volte gente che, pur non avendo fatto alcun sacrificio, ottengono diverse cose e conducono una vita nel lusso, nel denaro o qualunque altro peccato umano.
Secondo il Teorema dello Scambio Equivalente, si da per ricevere. In alchimia pratica esso introduce un secondo teorema, quello della massa, secondo cui non si può trasmutare un oggetto X in un oggetto Y che rappresenti differente massa. Per cui in alchimia pratica si può trasmutare la qualunque pur mantenendo la stessa massa, allargata o meno, differente per pochi principi chimici e/o fisici che vengono successivamente applicati, in seguito ad uno studio approfondito di una differente arte alchemica.
Demitri può trasmutare un oggetto non senziente in un altro determinato oggetto che mantenga però la stessa massa. Non potrà quindi ottenere dalla trasmutazione di un orologio una lancia, ma potrà ottenere da una lancia un differente oggetto di medesima dimensione e materiale. Se trasmuterà un ampio piano quale ad esempio una parete o simili, potrà ottenere un oggetto più piccolo, purché la trasmutazione interessi un area in cm2 equivalente, ma dello stesso materiale.
Otterrà quindi un differente oggetto a costo di una parte o la totalità del sacrifico del vecchio.
L’energia che intercorrerà tra l’uno e l’altra sarà esterna, puramente alchemica.
Diversi applicamenti alchemici potranno portare a diverse masse o materiale.
Consumo: Variabile in base alla grandezza degli oggetti trasmutati.

~Tecniche Usate:
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Nome: Manipolazione suprema dell'Aria
Descrizione: Demitri, attraverso l'arte della paramagia, può muovere i venti come meglio crede, stimolando l'aria presente intorno a sè o reperendoli direttamente dall'ambiente circostante, se esso è ventoso.
I venti potranno essere usati nella maniera più gradita, purchè non sia nè direttamente offensiva nè direttamente difensiva. Il più delle volte, infatti, Demitri usufruisce di essi per potersi alzare in volo, creare piccoli campi di vento tagliente attorno a sè o muovere, con la forza del vento, oggetti di grande peso e massa. Ai fini del gioco permette di volare per due turni o far lievitare oggetti che si trovano entro tre metri dal caster come se fossero senza peso.
Consumo: Basso

~Note GdR: Il Consumo dell'Innata è pari a medio, sebben l'obiettivo è assai vasto. Ciò non è dovuto alla grandezza del ponte, bensì all'area di esso interessata. L'area della struttura soggetta all'influsso alchemico è molto ridotta, pari difatti a solo le giunture della suddetta.
 
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Re Mascherato
view post Posted on 25/1/2008, 15:59




Ai più, avrebbe potuto apparire come una situazione conosciuta.
La banalità nel gesto di chiudere i denti sopra la barretta di cioccolato, accompagnandoli con un piacevole schiocco della lingua lungo il palato.
La dimistichezza con la quale le labbra sfioravano soltanto la confezione, senza macchiarsi del gusto amaro del cacao, né graffiarsi del ruvido incontro con la stagnola.
Le palpebre socchiuse, come se anch'esse stessero dolcemente assaporando la sapienza con la quale ognuna di quelle singole mosse si ripeteva susseguendo ad un'altra; quasi ignorando il sapore di quel breve intermezzo.
Una consuetudine, appunto, che si ripeteva ad ogni duello, e che ad ogni scontro pareva tormentare la parte più calda del pubblico, condannandola alla noia.
Tuttavia, ad uno sguardo più attento, il braccio del monarca non sarebbe apparso fermo, né le pupille assonnate, al di sotto dello sguardo assopito.
L'arto tremava convulso nel reggere la barretta di cioccolato, e lo sguardo saettava in ogni direzione, pur non essendoci nulla da vedere.
Le orecchie tese ad assaporare il suono dell'aprirsi delle carni del suo avversario, e del fracassarsi delle sue ossa. Le dita della mancina chiuse sulle vesti, tese spasmodicamente nell'attesa della vittoria.
Null'altro pareva toccarlo.
Il vento stesso curava e correggeva la propria traiettoria nel vano tentativo di non accarezzarne la forma, e per l'ennesima volta, il giardino dei sussurri si riduceva a tacere rispettosamente.
Nella frenetica masticazione, morse la sua stessa lingua, lasciando che un lento rivolo di sangue segnasse un tortuoso sentiero lungo le labbra e la pallida pelle del collo, tesa in un fermo angoscioso.
Il vento ne riassettò la serica capigliatura, cercando inutilmente di distrarlo, concedendogli quiete.
Poteva sentire ogni minima parte del suo corpo rabbrividire nella piacevole aspettativa di ciò che l'avrebbe aspettato di lì a poco, e ogni goccia del suo sangue ribollire come viva, e sibilare nelle vene, come serpe.
Persino le dita dei piedi parevano aver bisogno di un appiglio, chiudendosi sulle calzature.
Dalla figura, non un solo suono.
Purtroppo, non tutte le ciambelle vengono col buco.
Senza capacitarsi del come, il suo avversario evitò anche quell'attacco, lanciandosi oltre il parapetto del ponte. E anche se le macchie di sangue lasciate dalla sua scia non sfuggirono allo sguardo teso del monarca, sul suo volto parve disegnarsi un'ombra nera, tutt'altro che promettente.
La tavoletta non vibrò più nelle sue dita alla vista del volo del vampiro, né le dita continuarono a stringere la veste.
Guardandolo come se congelato nel tempo, nel rilassarsi d'ogni fibra, l'unica cosa di cui s'accorse, anche quando il ponte iniziò a cadere, era che la sua lingua iniziava a pulsare dal dolore. Poi anche lui stava volando.
Il corpo del Golem lo superò, scivolando verso il basso sospinto dalla sua enorme mole, lasciando che il vento mosso dalla sua scia gli graffiasse la pelle, tendendola violentemente.
Strinse i denti in un moto di stizza, rendendosi conto del fiume sotto di lui e, finalmente, che vi stava cadendo dentro.
Socchiuse le palpebre con odio, e cercò di assettarsi nel miglior modo possibile, per attutire il più possibile l'impatto con l'acqua.
Con ira si costrinse ad abbandonare la barretta di cioccolato al suo destino, lasciando che gli scivolasse dalle dita. Scrutandola malinconico con la coda dell'occhio, si disse che non ne avrebbe avuto più bisogno.
L'aria stava lacerando ogni sua fibra, quando riabbassò lo sguardo verso la superficie del fiume, sempre più vicina.
Probabilmente, avrebbe dovuto fare qualcosa.
Probabilmente.
In quello stesso istante, qualcosa emerse dallo specchio d'acqua, fermandosi poco sotto di lui, ormai prossimo all'impatto.
nemmeno lui si rese conto di cosa fosse, in principio, scrutando la piattaforma metallica ch'era appena emersa dagli "abissi". Poi, mettendola a fuoco, riconobbe niente meno che'l palme del proprio cavaliere, alzato verso l'alto solo ed esclusivamente per lui; per evitare che dovesse bagnarsi.
Non poté fare a meno di compiacersi, alla vista d'un atto tanto servile. Forse il Golem non gli sarebbe stato più utile in quella battaglia, tuttavia non mancava, come sempre, di dimostrarsi all'altezza della sua stessa natura di cavalier servente.
Tuttavia, lasciare che il proprio corpo si schiantasse contro una superficie di ferro, l'avrebbe danneggiato molto più di quanto l'acqua gli avrebbe concesso.
Così, stanco, abbassò un palme.
Improvvisamente, dallo stesso, una forza incredibile parve scaturire come dal nulla, non dissimile da quella impiegata da un uragano.
Una forza che, dirigendosi verso il basso, andò a scontrarsi contro il palme del cavaliere, lasciandolo quasi indenne, ma rallentando considerevolmente la caduta del monarca, che poté poggiarvi i piedi sopra solo qualche attimo dopo, con eleganza innaturale.
Ripreso controllo del proprio corpo e delle proprie azioni, la prima cosa che fece fu riassettare le proprie vesti, esaminandole alla ricerca della più piccola imperfezioni, o goccia d'acqua che avesse osato macchiarle.
Non trovandone, alzò soddisfatto lo sguardo verso il proprio avversario, quasi sul suo viso fosse stampata la sua indennità, sia nel corpo che negli abiti.
Di lì a poco avrebbe dovuto generosamente elargirgli il suo quarto consiglio, tuttavia, incredibilmente, decise di tenerlo per se, abbassando lo sguardo verso la superficie del fiume, e incontrando la sua barretta di cioccolato, zuppa e irrecuperabile, galleggiante poco lontano.
Dischiuse le labbra in un mormorio, troppo basso perché l'avversario potesse sentirlo.

«Avrei dovuto immaginare che a lavar la testa all'asino non avrei fatto altro che sprecare tempo, acqua e sapone...»


Dopodiché chiuse gli occhi, e li riaprì solo quando, rialzato il viso, sarebbe stato certo di rispecchiarvi la figura del suo avversario, stagliata lungo il cielo.
Nelle pupille, labili, si leggeva l'ira.

«Pipistrellone, ti ho mai detto che quelli come te sono proprio quelli che odio di più?»


Le labbra tremavano come se in procinto d'esplodere.

«Supponenti del cazzo, inverosimilmente boriosi! Tanto coglioni quanto egocentrici! E tu non sei diverso, Mr. "Esisto da quando vita esiste".»


Mosse le braccia in una pessima imitazione del suo avversario, malcelando la sua rabbia straripante.

«Servi, i più, che un giorno si sono messi in testa di poter essere chissà chi solo contando sulle proprie forze, senza alcun diritto di governare! Arroganti e ignoranti, privi di qualsivoglia tentativo d'educazione. ...Stronzi messi al mondo solo per essere spiacevolmente calpestati.»


Abbassò gli arti, ritrovando la calma, e alzò un palme sul volto, lasciando che indice e pollice si chiudessero sulle tempie, nel tentativo di reprimere quella debole emicrania che aveva iniziato, di lì a poco, a farsi largo fra le sue membra.
Il respiro si spezzò, rotto dall'ironia. Per quanto odiasse quelle situazioni, non poteva fare a meno di ritrovarcisi durante ogni duello che aveva affrontato.
Era mai possibile che tutte quelle "Sagome", capitassero solo e soltanto a lui, com'avversari?
Possibile che il fato se la prendesse solo con lui, con tutte le persone così desiderose di sventura?
Digrignando i denti in una smorfia iraconda, riabbassò la mano, abbandonandola pesantemente lungo il fianco, e tornando a studiare il suo avversario, che in quel momento, e da quella distanza, gli sembrava un ridicolo palloncino rosso.
Per governare, servono i requisiti.
Per sopraffare, servono i requisiti.
E tra loro due, era Ray quello ad averli.
Con placida dimistichezza frugò fra le pieghe dell'abito, alla ricerca di qualcosa che incontrò in poco più di un attimo di ricerche.
La corona.
La estrasse, e se ne compiacque alla vista per qualche secondo, allungandola innanzi a se.
Il ghigno scheletrico. I tratti vermigli. La porcellana candida, che pareva l'unica cosa capace di rispecchiarsi adeguatamente sull'acqua, tanto risplendente.
Ciò che Ray chiamava corona, era in realtà un'inquietante maschera, rappresentante un teschio.
Appagato più che mai, stese il braccio perché potesse assaporarne la meraviglia anche il suo avversario, quasi gli stesse facendo un incredibile favore.

«La vedi, succhiotto...? Questa è la mia Corona. "Persona", è il nome che le ho dato. Meravigliati della sua presenza in questo duello, perché è l'ultima cosa che ti sarà concessa di vedere.»


E poi, più nulla.

CITAZIONE
Energia: 40%
Ferite: Nessuna
Status Golem: Inutilizzabile, se non come appoggio. [Terzo turno su Quattro]
Tecniche e Abilità utilizzate: S i i l a m i a A u d a c i a ~ Grazie ai suoi immensi poteri e alla sua volontà incontrastabile, Ray è in grado di esercitare forze fisiche sullo spazio che lo circonda. Allungando una mano nella direzione desiderata infatti, il ragazzo potrà generare una spinta fisica invisibile se non per una leggera distorsione nell'aere, di un consumo pari a Medio, in grado di scaraventare via gran parte dei suoi avversari. Il limite di peso che può lanciare lontano con questa tecnica, infatti, si aggira intorno ai cento chili.
Il danno causato dalla spinta va naturalmente considerato un danno da urto, e quindi di tipo fisico, né elementale, né magico.
S i i l a m i a S e r v a ~ Ray estrarrà la persona di Loec dalle vesti, e la mostrerà all'avversario, schernendolo. Nello stesso istante, spendendo un consumo pari a Medio, le ombre sul campo di battaglia prenderanno vita, dirigendosi verso il proprio avversario e vorticando attorno a lui come animate di vita propria, serve dell'imponente Re Mascherato.
Queste conterranno i fedeli seguaci del Dio Loec che, come lame, feriranno l'avversario casualmente su ogni punto del corpo, graffiandolo e lacerandone la pelle, indemoniati, nascosti nelle ombre, provocandogli un danno complessivo pari a medio.
Successivamente torneranno al loro posto, riapparendo come normalissime ombre.
Note: Ci tengo a ringraziare il mio avversario per il duello, come di consueto, e a specificare che tutte le offese pronunciate da Ray non sono assolutamente condivise da me, né rivolte all'utente ^zephiro^. Al di la di questo, ci tenevo a chiarire un piccolo frainteso che è venuto a crearsi nel duello.
La mia azione a riguardo del non provocare la caduta del Golem del ponte a seguito della prima tecnica avversaria, è dovuta semplicemente al fatto che anche io posseggo una tecnica non dissimile [Utilizzata in questo post], di livello più alto, più potente perché concentrata in un flusso rettilineo, e tuttavia mi è stata corretta da chi di dovere implicando uno spostamento di massimo un centinaio di chili.

 
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Staffwarriorday
view post Posted on 9/2/2008, 21:45




~ Giudizi ~

Ray

Scrittura
3,725
Strategia
3,3
Sportività
2,55*

^Zephiro^

Scrittura
2,45
Strategia
2,65
Sportività
2,2

Vince: Ray

*sanzione dovuta ai ritardi
*sanzione disciplinare




Edited by Staffwarriorday - 9/2/2008, 22:42
 
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