| ^zephiro^ |
| | »†Nero, grigio, bianco Combatto combatto, mai mi stanco. Un grande specchio disadorno Con un sol sguardo, ti levo di torno.†« « Di un po’, calice di buon vino, perché or quando volgo i miei occhi a te, il sangue volge meco il suo odore? » Parlava da solo? Forse. Il delirio di un povero pazzo destinato alla morte? Non è da escludere. Ma nonostante ciò –fino a prova contraria- ei esisteva. Stava sprofondato nello scranno in pietra, uno scranno grezzo e disadorno. Una posizione molto comoda –a dire il vero- per poter pensare, ma altrettanto nociva per le proprie vertebre della colonna vertebrale, costrette a sopportare lo scocciante fardello di sostenerci. Vestiva in abito elegante –un completo interamente nero con guanti e camicia bianche- nonostante sedeva comodo nella propria dimora, e non in luogo particolarmente maestrale. Perché evitare di proposito il termine casa, or dunque? Semplicemente perché per ei… una casa non esisteva. Si chiama casa un luogo dove vi è qualcuno –lì colmo di calore umano- ad aspettarti a braccia aperte, e non un’angusta dimora ove le pareti sono fredde come il marmo, e dove l’unica forma di “vita” –se così si poteva dire- era per l’appunto il suo proprietario. Demitri Maximoff.
Lo sguardo perso nel vuoto. I lunghi capelli –neri come le ombre che l’avvolgevano- cadevano avanti al viso come fili della notte –sue protuberanze- che rendevano funesto il volto del signore, occultandolo in parte. Solo un sorriso malefico, che deformava il viso marcandolo con delle larghe fossette, traspariva. La mancina mano reggeva la testa pigramente abbattuta, inclinata, nel medesimo lato. La destra mano tenea tra le affusolate dita un calice colmo di vino rosso come il sangue che tanto tornava alla mente del Vampiro solamente guardandolo. Sicuri che non fosse sangue? Affatto. Lì –nella dimora stessa delle tenebre- ogni cosa immaginabile era fattibile; là dove inizia il lato oscuro di ognuno di noi e si sfocia nei danzanti incubi delle notti maligne. Lì il Signor delle Tenebre trascorreva notti insonni –poiché data la razza sarebbe stato ben più naturale dormire di giorno- perso tra pensieri infiniti di una vita altrettanto longeva. Infinita. Timido, dalle tende rosse delle finestre bifore, si affacciava un raggio lunare abbastanz’intenso da fare un po’ di luce sulla sala. Un lungo corridoio partiva da un punto instabilito, fino ad arrivare ad un alto scranno ove Il Maestro sedeva. Il corridoio era fiancheggiato da un lunghissimo colonnato che raggiungeva le sommità del tetto in scrutabili, occultate dalla notte; vestiva un tappeto rosso di tessuto imprecisato –ma certo come l’esistenza del male che fosse pregiato- ove ei era solito camminare –ma ne aveva realmente bisogno?- fino al giungere al solio. Null’altro era in scrutabile. Solo una guizzante luce di un fulmine, rivelò il celato infondo al corridoio, dietro allo scranno. Un quadro inclito… magnifico! Sebben gran parte di esso rimase occultato, e la restante fu fulgida per poco meno di un secondo, chiunque ne avrebbe apprezzato le pennellate di colore che –come per incanto- davano vita ad un ritratto. Il ritratto non di un uomo…. Ma di un mostro. »†Demitri, rimembri il tempo Di tuo più grande divertimento? Combattevi, combattevi, combattevi… Mai, in vero, mai perdevi. Ebbene dì vicino tal realtà cambierà. Del tuo spirto più nulla resterà. La tua anima, cancellata sarà Ed il tuo io, folgorante in bara, demente riderà.†« Non datevi pene, o genti, poiché ei è arrivato. La Bestia Famelica, che di sangue non può fare a meno. Il Mostro, che di umano nulla ha. Il Maestro, che delle tenebre è padrone et signore. Il Sanguemisto, poiché impurità ei porta. Il Vampiro. Puro egocentrismo? Anche questo non era da escludere. Semplicemente ei giungeva. Semplicemente la realtà dei fatti.
All’ingresso degli atleti un fastidioso frastuono li accompagnava. Grida, urli, acclami, insulti, oggetti… tutto questo giungeva dalla tifoseria, certamente accanita. Un passo… seguito da un altro. Ora il destro… ora il sinistro. La mente del Sanguemisto isolava lo strepitio della folla –blando ed inutile in vero- concentrandosi solo sul suono –musicale, armonioso… leggiadro!- dei propri passi e sul respiro –regolare, puntuale… perfetto!- dei propri polmoni. † SeMbReReBbE cHe Tu Ti StIa DiVeRtEnDo DeMiTrI † Tale era la voce di Hidiesis… il suo spirto Consigliere –malevolo ed istigatore- et dolce metà, inseparabile come un guerriero e la sua arma. Invisibile ad occhio umano –e non- ed in udibile ai più, solo Demitri aveva la facoltà di percepirlo. Aveva l’aspetto di un cuore… il suo cuore. Nero e forte come le Tenebre –tal non era quell’”essere” funesto! Un passo… seguito da un altro. Ora il destro… ora il sinistro. Camminava camminava, et finalmente giungeva. Presto avrebbe dato inizio alle danze, le Vere Danze! Non quell’inutile cerimonia che si era tenuta alla dimora del Falco –cui aveva dichiarato di essere in grado di stanarlo, tra l’altro- dove i nobili si affaccendavano a scambiare quattro chiacchiere sul come sarà l’andamento del torneo, balli a ritmo di una musica quanto mai scocciante, o lusinghiere parole con l’intento unico di entrare nelle grazie di alcuni potenti… o no, le Vere Danze erano ben altro! Le Vere Danze erano l’emozione… l’emozione dell’incrocio di due lame, l’emozione del premere il grilletto di una pistola per stroncare una vita, l’emozione di ricorrere a tutte le proprie capacità per prevalere ed essere il numero uno! Tali erano le Vere Danze. Ad occhio esterno poteva sembrare demente, folle, oscuro… ma la verità era che il suo divertimento aveva raggiungo un livello incontrollabile. Al suo arrivo, si levò uno stormo nero di creature figlie delle tenebre che lo attorniavano continuamente… quasi fosse il più grande esponente di esse o addirittura il loro Padrone. Pipistrelli, una moltitudine di pipistrelli! Grandi ben più di un suo palmo, avevano degli occhi piccoli piccoli e rossi come il fuoco o –ben meglio- il sangue. Alcuni di loro –i meno- si sparpagliarono per tutta la zona, cercando di raggiungere persino gli spalti popolati, come belve feroci in cerca di carne fresca e deliziosa! Il resto –i più- rimanevano concentrati tutt’intorno al loro Signore, come servi –se tal non erano!- pronti ad eseguire ciecamente i suoi ordini, qualunque essi siano. Avanzava… pochi metri ad uno specchio disadorno come il suo scranno nella sua dimora. Era certo che tale specchio dovesse essere varcato… da lui. Semplicemente il Sesto Senso? Può darsi. Non degnò minimamente d’uno sguardo gli altri specchi, né tanto meno i compagni –se tale li si poteva definire- che riteneva una seccatura nonché una palla al piede. Non tanto per le loro capacità… bensì perché ei preferiva agire da solo, ed avaro preferiva tenere tutto il divertimento per sé. « Inizino le Vere Danze! Cantino le Spade e che le Tenebre mi siano serve. Avanti… Fatemi divertire!!! » La propria figura deformata dalle tenebre, il proprio ghigno deformato dal male. Allargò le braccia lunghe e snelle con gesto eloquente, accompagnato alle inusuale parole –dato che esse precedevano un evento che ai più avrebbe trasmesso nervosismo e tensione. Varcava la superficie dello Specchio… lo Specchio a lui destinato. Lo Specchio del Capitano. Quel passo… costò fatica immane al Vampiro. Un passo che avrebbe dato inizio al Divertimento, alla Follia, alle così denominate Danze.Specchio: Specchio Capitano Classe: Alchimista†Archibugiere [Ibrido]
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