Il Ballo del Warrior Day III

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.::Tanathos88::.
view post Posted on 15/11/2007, 23:58




La sala è rettangolare, parecchio lunga, la cui larghezza equivale alla metà. La superficie interna è molto estesa, al punto che pare poter ospitare comodamente un centinaio di persone; tre ampie porte-finestre sono collocate ciascuna su una parete differente, e conducono su un balcone che circonda con un semicerchio i tre quarti dell'edificio. il salone è pavimentato di marmi bianchi e grigi, e nel suo centro esatto alloggia un falco stilizzato riprodotto da venature di granito rosa. I due terzi del soffitto sono occupati da altrettanti lucernari che riflettono e diffondono la luce tenue della luna; nel mezzo è appeso un enorme lampadario a cristalli sfaccettati in varie angolazioni, con un nucleo illuminante di rubino e zircone. Le due pareti lunghe sono ornate da varie incisioni floreali e ospitano quattro alcove, con coppie di colonnine di alabastro, nelle quali -alla sinistra ed alla destra delle porte a vetri- alloggiano fontanelle a forma di conchiglia, che zampillano acqua profumata nelle valve di vetro colorato. I tavolini rotondi sono disposti in ordine sparso accanto alle pareti maggiori, e pare possano ospitare comodamente quattro persone; su ognuno di essi c'è una tovaglia candida, e una candela si consuma lentamente. Poco più vicina al muro, dodici camerieri in livrea bianca attendono con le mani giunte dietro la schiena.
Su un lato corto, verso il balcone, un tavolo più esteso e squadrato degli altri è sistemato in trasversale rispetto ai lati lughi. Dietro, alcune sedie ornate.
La parte superiore delle pareti si ritrae in balconi segreti in cui suonano, non visti, gli orchestrali. Sull'altro lato corto, l'unico senza finestre sull'esterno, c'è la doppia porta d'entrata, con ai lati due rampe di scale curve verso l'interno, che collegano il piano inferiore ad uno leggermente sopraelevato. Su di esso giace una bizzarra impalcatura: una piattaforma cristallina, di cubi formati da facce scisse di vetro riflettente, sulla quale grava un sipario color porpora..che lascia intravedere rilievi e lastre verticali in ombra sulla superficie vetrosa.
Le porte d'ingresso sono appena state aperte.



~[]~


Guardava la folla da un po' di tempo a quella parte, come se da essa si aspettasse qualcosa.
Il ricevimento era appena nato. E i suoi vagiti erano brusii e vocii neanche troppo dissimulati, mentre la porta d'ingresso si ingolfava e liberava, a ritmo serrato. Finché non furono tutti riuniti.
Era una massa variopinta, di sciami e gruppuscoli che sciabordavano da una parte all'altra della sala. Aveva osservato, rispondendo agli sguardi diretti di saluto con qualche cenno mirato del capo, e aveva atteso il momento giusto. Quello in cui le chiacchiere si sfiniscono le une contro le altre, e si comincia a sentire il bisogno di dare inizio a qualcosa che dia una parvenza di comprensione ai movimenti impercettibili dei minuscoli ingranaggi che componevano ogni singolo particolare della questione.

Si alzò, posando un'occhiata laconica sul salone spalancato oltre il suo lungo tavolo. Per l'occasione sfoggiava una giacca fino ai tre quarti, in broccato azzurro ricamato d'oro. Una camicia dissimulava il candore della pelle del collo, circondato da un ascot color viola purpureo -come il nastro che li raccoglieva i capelli in una coda, sulla nuca. Strinse le labbra e sollevò il calice di cristallo purissimo tra l'anulare ed il medio guantati di bianco.
Un rintocco acuto trafisse l'attenzione degli astanti. L'albino posò il coltello che aveva appena percosso il bicchiere, facendo cenno di umettarsi le labbra, come preparando un brindisi.


"Ma qui manca qualcuno."

Esordì. Parecchie sopracciglia si inarcarono, qualcuno cercando di ricordare in maniera evidente chi potesse essere il disperso.

"Si." Finse di controllare lui stesso. "Signore, signori, è innegabile. Non vedo nessuno in particolare. O forse dovrei essere più preciso: non vedo nessun nessuno in particolare."

Il suo viso era evidentemente divertito nel constatare i dubbi più che ovvi sul volto di tutti.

"Ma voi, probabilmente, non mi capite. Guardatevi!" Spalancò le braccia verso di loro, come fosse un invito.
"Guardatevi l'un l'altro, al meglio che vi riesce. E ditemi: c'è, fra chiunque voi osserviate, un membro di questo convitto che meriti il giudizio di "consueto", o "usuale"?

Tacque, attendendo risposte. Che non arrivarono.

"Non c'è. Dunque avevo ragione. E ancora mi chiedo: avete idea del perché questo accada?" Aveva assunto un'espressione conciliante, e ancora, nessuno rispose. Ma questa volta, forse, per interesse. "Allora, se permettete, parlerò io."
"Sarà forse perché ogni membro di questo ritrovo è a suo modo diverso?

Posò sbadatamente una mano sulla fronte, scuotendo appena il capo. "Chiedo venia, ho mancato il termine. Non diverso. Speciale." Riprese fiato.

"E' questo il motivo?
Oppure è per merito della ricorrenza. Pensate, è solo una questione di tempo prima che qualcuno di voi affermi la sua superiorità su tutti gli altri. Ma adesso -in questo preciso momento- di quegli eletti altro non sappiamo che sono composti della vostra totale sostanza. Qui ed ora celebriamo il fatto che chiunque di voi può essere quel colui; quindi è un giorno di festa." Fece una pausa ad effetto.
"Indubbiamente sono vere entrambe le ipotesi, dato per certo che dipendono l'una dall'altra.
Allora perché, signori miei tutti, si combattono i tornei?

Uno, due, tre secondi.

"Perché il confronto è quanto abbiamo di più forte per imporre alla storia il suo essere trascorsa. Un modo saporito, passionale e sanguigno per dare frutto all'accumularsi del nostro tempo. Che ci trafigge, che ci investe; che ci scorre e ci trascorre.
E' il tempo delle spade, sappiatelo bene, delle spade alzate in aria come mani festanti, delle mani aperte davanti a sé come vasti scudi. Cosa resta di così vivo in quest'esistenza?"

"Siamo la lingua viva e indocile, rossa di pàlpiti e parole roventi, che si dibatte tra le tensioni interne di un mondo grigio sporco. Noi, le scintille che sprizzano dal martello del rifiuto e l'incudine dell'indolenza, cercheremo di divampare in un unico fuoco, in cui "colore" e "calore" avranno lo stesso significato."

Come infervorato da una passione risvegliatasi ad ogni singola sillaba, levò il bicchiere al di sopra degli occhi.

"In alto i calici allora, perché il vino è rosso come il sangue, e il sangue è vero come il mondo: questo è il tempo delle spade. Da oggi in poi cominciano ad essere raccontate le vostre storie.

Diede uno sguardo, e tutti seppero che sarebbe stato l'ultimo, agli astanti.

"E le storie, a ben vedere, sono tutto quello che abbiamo.
Spero di non aver abusato della vostra pazienza. Le danze sono aperte."

Con queste parole, ad un gesto ben visibile della sua mano, l'orchestra cominciò a suonare.
Si sedette sul suo scranno intarsiato, vuotando il calice in pochi piccoli sorsi.
Quindi riprese a guardare, con un fastidioso sorrisetto nascosto dalla mano.



SPOILER (click to view)
Vorrei che questo discorso non fosse solo rivolto dal mio ai vostri corrispettivi virtuali, ma venisse recepito anche come un augurio che io, in qualità di utente -e persona- rivolgo a voi tutti, senza nessuna eccezione.
Fate conto che le parole che Kyo ha appena detto, solo per questa volta, siano anche le mie.

Da questo momento comincia il vostro torneo, che siate o meno partecipanti. Sentitevi liberi di esprimervi nel modo e con la frequenza che credete più consona.
E soprattutto, fatemi/ci/vi divertire.


Edited by .::Tanathos88::. - 16/11/2007, 00:12
 
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Pierrot
view post Posted on 16/11/2007, 00:00




E’ pedante, banale, e per giunta la sua pelle è ben più chiara del tuo cerone, nevvero Pierrot? Eppure in giro hai sentito dire di lui che è forte come un gigante, ma ben sai che le chiacchere da strada non sempre hanno valore. Giungerà il suo tempo, ma dal pallore della carne e dal corpo gracilino c’e’ d’aspettarsi che la vecchia signore t’anticipi. Sul tuo volto hai dipinto un sorriso, nero su bianco sfondo, ma il cuore tuo ben presto diverrà denso di rabbia: fortuna che non hai più sangue da far circolare, altrimenti ci rimarresti stecchito. Nascesti attore, dunque non ho motivo di preoccuparmi, non ho ragione? Annuisci col capo e ciò mi rincuora.
Ti senti nudo sotto quella tua veste bianca da maschera di carnevale, sotto i neri pantaloni e le chiare scarpe con punta affusolata. Ti par di sentir freddo persino sotto le calze quadrettate e sotto gli anelli della cotta.
…gli anelli della cotta? Idiota, l’hai tenuta? Il fatto che t’abbiamo ordinato di non portare armi non escludeva il tuo fidato oggetto, è vero, ma che figura fari tintinnando ad ogni passo? Più che un attore o un ballerino sembrerai una campana, bastardo di Caino! Vediam di sorvolare sul dettaglio, l’albino ha terminato il suo discorso. Ti schiarisci la voce ed aggiusti l’abito, fingendo di respirare per l’ultima volta l’aria delle quinte, da dietro quella porticina buia e ben celata che dà sul palcoscenico. Su, non fare il novellino, altrimenti giungerai a festa già conclusa.
Il legno dell’anta si scosta al tuo tocco, lasciandoti passare, per poi ricadere al suo origine, perché nessuno possa esser presente con te sul tappeto violaceo. I tuoi passi lenti e leggeri, prima d’arrivare sul prezioso tessuto, tintinnano al cozzare col vetro sul quale tu solo puoi muoverti.
Un dono prezioso del generale, sappilo sfruttare. Che fai? Perché tendi le braccia al pari delle spalle? Sembri un crocifisso, fai scompisciare! Poi sveli l’arcano: già decidi di servirti dei mezzi a te affidati e con sublime gioco di specchi -non di tua fattura, precisiamo- lasci svanire i cubi che già hai sorpassato, lasciando dal palco alla porticina un abisso meraviglioso, incantevole e spettrale. Giusto per far sentire piccini i signorotti pieni di sé che stan lì sotto, lo so bene! Io ti conosco, ed il tuo sorriso è per me una valida conferma. Giunto sul luogo a te riservato riprendi ad innalzare le braccia, tendendole verso il soffitto. Che il tuo discorso abbia inizio.

« M’inchino a voi da meschin giullare,
giacché la decantata spada su di me non compare!
Ed anche se non per volontà mia, ma d’un generale
Solo questa lingua ho per far male!
»

Riprendi fiato e fai una pausa: ottima interpretazione, magistrale Pierrot! Sai bene come continuare, ma lascia un istante al pubblico, l’attimo d’illusione che dona al successivo -inevitabile- “ma” tutto il suo mordente. La tinta nera sul tuo viso si contrae e s’allunga, mentre sfoggi un inquieto ghigno. Col dito indice d’una mano bacchetti gli spettatori, mentre l’altra è poggiata al fianco del tuo busto ormai piegato in avanti, per accentuare ancor più la teatralità del gesto.

« Lor Signori faran bene a non approfittare,
sotto la maschera c’e’ un cervello che sa ricordare!
»

Di nuovo respiri, quasi ne avessi bisogno, poi drizzi la schiena e, con mani davanti al torace t’esibisci in una leggiadra e ben dosata piroetta, roteando su te stesso. Concludi il tutto in perfezione, ma affrettati a terminare pure il resto, l’attenzione andrà scemando.

« Inutile star qui ancora a blaterare… »

Le braccia in contemporanea si muovono, il collo si rilassa per far calare il capo, il dorso della mano sinistra si poggia sulla schiena, mentre la destra chiude un ampio e regale arco, mai troppo statico. Il busto si piega in avanti e, con fare da attore sapiente mostri a tutti cosa vuol dire inchinarsi! Rialzi la testa, concludendo con un -forse non sincero, ma almeno non più tetro- sorriso:

« Posate i calici: che si cominci a danzare! »

Ed obbedisci tu stesso all’ordine, lasciandoti catturare da illimitata passione mentre i piedi compongono sul soffice tappeto il disegno d’una danza un po’ stramba, simile ad un volo d’uccello per grazia, ma espressiva al pari d’un cumulo di macerie. Già, perché pur essendo attore la tua danza fa giusto salir disperazione. Considerati fortunato se non farai piangere le signore e di rimando non sarai rincorso da burberi accompagnatori.
Ti fermi un attimo, rivolgendo parole forti al pubblico, ma con tono delicato, di modo che non le distolgano dal ballo.
« Con addosso un abito d’alta sartoria anche un rozzo contadino s’atteggia a nobiluomo, ma son pronto a giurare che tra voi vi sono tanti tra capre e maiali, e sgozzandovi non saprei dalle vene di chi si possa veder fluire sangue blu. I vostri passi, i vostri modi e le vostre parole me lo diranno! »
Terminato anche l’ultimo discorso ti getti di nuovo nel ballo: a te, figlio di Malkav, il compito d’essere l’irriverente attrazione della festa. Ti senti oppresso dalla responsabilità? Sono certo di no, troppo all’altezza del ruolo che ricopri per sentirti a disagio. Troppo voglioso di eludere la tua macabra realtà.



SPOILER (click to view)
E dopo il giullare s'inizia il ballo =)
Buon divertimento a tutti ;D
 
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Callister Zero
view post Posted on 16/11/2007, 15:38




Quell'agglomerato di luci, sudore e banalità spiccava orribilmente nella quiete notturna. Lontano, eppur così vicino a lui, un mondo luccicante ronzava le proprie lunsinghiere promesse nelle orecchie del Fiero. Un richiamo a cui non era abituato, e che gli provocava un vago senso di disgusto.
Camminava, e pensava. Ad ogni passo poggiato verso l'edificio, un nuovo pensiero.
Accolse con curiosità quel senso di vuoto allo stomaco, inizialmente interpretato come disgusto; poi, in un climax di consapevolezza, ne scorse la vera natura: eccitazione. Perchè eccitazione? Passò in rassegna il proprio spettro di emozioni, e con un sorriso amaro associò quel sentimento all'altrui presenza. Altri volti, altri corpi, altra feccia.
Passò alle cause: quali? Ma le solite, ovviamente. Quel desiderio violento, passionale e così dannatamente umano di vendetta. Lo chiamavano belva, i pochi che osavano. Ma le belve esercitano la propria forza solo per gli scopi più essenziali! Cosa c'era di più umano del piegar essa ad un sentimento proprio solo di quella sporca razza? Eccola, la verà umanità! La perversione della ragione, volta all'elaborazione di sentimenti sconosciuti al mondo ferino.
Più umano di tutti loro; Fiero.

Cammina che ti cammina, giunse l'inevitabile. La luce del Salone lo investì, rivelandogli al contempo le figure che occupavano quello spazio. L'evento sembrava essere già iniziato. I suoi abiti, gli stessi sfoggiati da tempo immemorabile in ogni situazione, sfiguravano di fronte alla maestosità dei presenti.
Ma un simile pensiero non lo sfiorò nemmeno: semplicemente, camminò fino al balcone esterno, ritornando alla sublime frescura dell'aria aperta. Dando le spalle al giardino, si appoggiò alla balaustra, fissando con occhi vuoti oltre le vetrate di ingresso al Salone. Come in un sogno, ogni gesto di quei volti non-volti gli appariva lento, scandito dalle lancette di un orologio senza regole: si muovevano qua e là, come pesci in un acquario.


 
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Morwen Black
view post Posted on 16/11/2007, 18:04






Ancora pensieri e ricordi passati già avvenuti, rimembravo mentre sotto una fioca luce lunare camminavo.
Da lontano sentivo schiamazzi ed una forte musica tonante che quasi faceva eco tutt'intorno. Che forse era iniziata già la cerimonia? Dunque in quel caso ero in ritardo ed è risaputo, non è far buona impressione giungere in ritardo.
Travolto ero dall'emozione, travolto dal pensiero di incontrare chissà chi... rimanevo calmo, eppure nel contempo all'interno mi agitavo, per la paura oppure per propria volontà, stà di fatto che dentro di me vi si stava scatenando un pandemonio.
Poi d'un lampo mi ritrovai immerso nella luce del salone, non mi ero reso conto, eppure vi ero arrivato, così notai tutti coloro che già erano arrivati, ebbene si tutto pareva già esser iniziato.
Vien consegnata la solitudine per chi giunge in ritardo, al contrario la fama per chi puntuale e solito arrivare, difatti non rimasi lì mischiato alla folla, quelle facce mi irritavano, non ero solito ad essere amichevole con gente nuova, perciò mi diressi lontano e in disparte dalla folla presente nel salone.

Lì fuori in una delle balconate , quella che s'affacciava sul retro dell'edificio, ancora si sentivan la musica e il giullare scherzare facendo mostra delle sue doti.
Tornai dunque a respirar aria fresca e sana, dentro si soffocava mancava quasi il respiro per la moltitudine di persone presenti, poichè eran tutte lì ammassate a ballare come ebeti.
Il tempo pareva rallentare lentamente quasi come se dovesse fermarsi di colpo, che ciò doveva forse significare chissà qual grande e maestoso evento?
Domande! domande di cui già conosco la risposta.
Restare in disparte è la miglior cosa, non mi interessa socializzare, mi basta udire il resto si farà da sè.
Risuonava tutto in torno anche la natura al di fuori delle stesse mura parevano cantare dolci e sublimi melodie.
Ma ancora mi sfuggiva qualcosa, questa volta non avevo risposta alla domanda, dovevo attendere e far si che il tempo e il destino svolgessero il lor compiti.
Così impermutabile fissavo la natura, e le stelle brillanti nel cielo alto e oscurato sembravano anche loro gioire per l'evento.
Dunque ero solo io a non esserne felice o ad aver ancora forti dubbi, ma chissà...



 
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Luntis
view post Posted on 16/11/2007, 19:01




Buio...

Odore di rosa.
Un pianoforte lontano scandiva le note di una triste melodia, propagando nell'aria un lieve tocco d'amaro. Girò il chiavistello della finestra, spalancandola perchè la musica giungesse più nitida. Posati sul letto c'erano uno sfarzoso abito da cerimonia e alcuni nastri da lui richiesti, i suoi abiti per il ballo.
Si era dovuto fidare dei servi per quanto riguardava il colore, ma aveva scelto personalmente il vestito, esaminando con le dita una marea di stoffe e tessuti ricamati fino a dirsi soddisfatto. Aveva deciso di abbandonare la sua solita tenuta, impolverata e logora come non era mai stata, sostituendola con un'elegante camicia di seta ed una giacca a tre quarti color rosso cupo. I motivi argentei che ne decoravano le falde, le maniche e la coda assomigliavano a falci di luna, era per questo che lo aveva scelto. I pantaloni erano del broccato più fine e terminavano a metà polpaccio dentro morbidissimi stivaletti dal tacco alto. Si voltò verso il punto in cui gli avevano indicato lo specchio, ridendo di gusto fra sé e sé pensando ai risultati di un eventuale errore, ma non era disposto a rinunciare, perlomeno non dopo che si era compromesso a tal punto con la sua accompagnatrice.
L'immagine di lei che lo faceva a brandelli dopo averle fatto fare un simile viaggio per nulla si sovrappose a quella della fanciulla posata che lo aveva curato. Rabbrividì impercettibilmente. Un sorriso enigmatico lo accompagnò per tutta la preparazione; prese la borsa con i coltelli da lancio, momentaneamente indeciso sul da farsi, poi la rilasciò cadere sul letto, presto ne avrebbe avuto abbastanza di duelli per cercare la battaglia anche ad una festa. Doveva divertirsi, doveva, ma magari ci sarebbe riuscito anche senza imporselo.
[...]
Agganciò solo i primi due bottoni della giacca, curando volutamente il colletto in modo che fosse rialzato per metà, ora toccava all'ultimo pezzo. Scelse due nastri di seta, bianco e nero, confidando ancora nella buona fede della servitù. Li soppesava entrambi, uno in ogni mano, quando all'improvviso inarcò un sopracciglio: troppi pensieri e problemi, stava diventando esattamente come non voleva essere. Riavviò i lunghi capelli corvini all'indietro in modo da sentirsi accarezzare la schiena dalla massa fluente, poi dopo averli raccolti in un'unica coda poco dopo la nuca vi fece passare intorno il nastro bianco, avvolgendolo più volte intorno a quel punto. Infine, non senza sforzo, completò l'opera con un piccolissimo nodo elegante. Era più facile affrontare i demoni che prepararsi ad un ballo, si ritrovò a pensare, lì almeno sapeva dove mettere le mani...
Cosa ti succede Lun?
Non vorrai davvero tirarti indietro ora?

Alzò lo sguardo, squadrando con cieca ferocia il punto imprecisato di tenebra in cui doveva esserci lo specchio.

Non sono io quello che rimanda costantemente tenebre.

Disse, uscendo dalla camera con passo sicuro. Lo specchio o, per meglio dire, l'altro sé stesso che aveva lasciato indietro ridacchiò compiaciuto.

~[...]~

Attendeva ai piedi della doppia scalinata, con gli occhi socchiusi, cercando di smistare il roboante brusio che giungeva dal piano superiore nelle sue componenti più intime. L'eco dei passi, le risa, le parole piene di ipocrisia degli adulatori, i bisbigli d'invidia e i sospiri delle donne. Innanzi a sé passava gente di ogni tipo e costume e tutti, puntualmente, pronti a scrutare la sua figura silente vicina al corrimano. Sentirsi addosso l'attenzione di tutte quelle persone era come venire trafitto, ripetutamente, e cominciò a costargli un cupo mormorio nel petto, ma era venuto per fare da cavaliere, e un cavaliere come si deve arriva sempre in anticipo. Fu costretto a riconoscere però, che forse presentarsi due ore prima non era stata una grande idea.
Un gruppetto di ragazzine civettuole lo avvistò prendendolo per quello che era: un partecipante al grande torneo, e credendolo solo gli si avvicinarono.
Da quanti anni non aveva più modo di guardarsi allo specchio? Tre, quattro, da quando era bambino ne erano passati più di dieci..non poteva certo immaginare di essere ben più che attraente, soprattutto considerando la ricchezza ed il portamento che sfoderava quella sera.
“Vossignoria non sarà mica da solo?”
Erano in tre, e lui non si era assolutamente aspettato un assalto del genere, come chiaramente gli si leggeva sul volto, spiazzato.
“Ma che sciocchina, è ovvio che non lo è, altrimenti mi avrebbe subito chiesto di fargli da compagna per la serata?”
Disse con tono complice quella che doveva essere la più esuberante delle tre.
“Vorrai scherzare spero? Si vede lontano un miglio che sono io la più bella stasera.”
Aggiunse la terza stringendosi al suo braccio.

Ma io veramen...

“Avanti non sia timido!”
Esplosero tutte e tre insieme, sommergendolo in una granuola di risolini ocheschi. Lui dal canto suo ne era ormai certo: decisamente meglio un'intero squadrone di demoni alle donne di un ballo. La risposta gli era stata soffocata ancor prima di terminarla, ma il disappunto dovette leggerglisi in faccia vista la reazione seguente.
“Che succede signore, non avete voglia di ballare?”
Se avesse potuto osservarla, si sarebbe trovato davanti ad una ragazzina attraente quanto arrogante, abituata ad ottenere ciò che voleva senza fare nessuno sforzo. Decise di smorzare subito il tono, per troncare quella situazione sgradevole sul nascere. Rispose gelido.

Non posso. Stò aspettando la mia compagna che...

Che è qui!

Una voce a pochi passi di distanza richiamò l'attenzione dei quattro.


 
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Arcueid Brunestud
view post Posted on 16/11/2007, 19:39




I passi lenti e costanti annunciavano l’arrivo della principessa, il lungo abito bianco è blu, indossato solo quando Arcueid, l’ultima Brunestud, si presentava come Principessa di tutte le Shinso.
I lunghi capelli dorati cadevano sinuosi sul corpo della donna, che, nonostante l’aspetto innocente, altro non era che una bestia mitica, antica anche più della maggior parte dei piani materiali…
La lunga gonna blu notte era accompagnata da un vestito semplice e raffinato, lungo fino ai fianchi, di colore bianco e oro, la scollatura lasciava le spalle scoperte e si limitava a coprire il seno quanto bastava per non rendere oscena la figura della principessa, il rumore dei passi rendeva chiaro il fatto che indossasse scarpe con tacchi, ma non era possibile vederne il colore, a causa della lunghezza dalla stessa gonna.
Arcueid osservava con sufficienza la sala da ballo, non aveva mai amato queste manifestazioni, da quando aveva assaporato la libertà amava molto di più passare le serate a mangiare un hot dog in un fast food o guardare un film al cinema, il suo film preferito era il Dracula di Bram Stoker, era divertente osservare un vampiro visto dagli occhi di un umano.
Ma da quel poco che aveva osservato, in questo piano materiale i cinema nemmeno esistevano…
“Dopotutto forse pure questa è una cosa inutile…”
Trattenne a fatica uno sbadiglio, in queste situazione doveva essere signorile, dopotutto era una principessa…
Arrivò nel salone, gli occhi rossi osservarono senza particolare interesse i partecipanti del ballo, dei suoi compari ancora non vi era traccia, a dir la verità ancora non sapeva chi aveva accolto l’invito nel suo piano materiale, ultimamente non visitava la città…
Lo sguardo si accese d’improvviso, non ci aveva ancora pensato, ma era la prima volta dopo decine di millenni che non indossava l’abito principesco fuori dal Castello del Millennio, ecco, aveva trovato un pretesto per essere in quel ballo, sfoggiare l’abito al pubblico…
“Certo, se c’era Shiki era meglio…”
Chissà se Shiki l’ avrebbe apprezzata in quella forma….
Demoralizzata all’idea di esser li, vestita e truccata elegantemente, senza che Shiki potesse vederla, si diresse vicino a una vetrata, spostando leggermente la tenda per osservare la luna...



Edited by Arcueid Brunestud - 16/11/2007, 21:45
 
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~Ayaka Ayumi
view post Posted on 16/11/2007, 21:33




« Sigh. »



Camminare sui tacchi. Il peggior errore che Ayaka potesse fare quella sera, dopo quello di partecipare al ballo. Proprio lei, che per quelle cose era decisamente negata. Come se non bastasse, il suo ragazzo era pesantemente in ritardo, tanto per cambiare. Timidamente varcò la soglia dell'ingresso, sperando con tutto il cuore che nessuno stesse guardando dalla sua parte in quel momento: magari sarebbe riuscita a passare inosservata.

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I piccoli piedini si muovevano piano, bene attenti ad attutire ogni singolo suono, quasi come se al minimo rumore tutta la sala potesse crollare sui presenti. Era indiscutibilmente l'ultima volta che aspettava Yi prima di avviarsi da qualche parte, in fondo era adulta e vaccinata, non aveva bisogno di dipendere da lui per ogni cosa. Solo dopo qualche secondo si rese conto dello scenario che le si parava di fronte, semplicemente spettacolare. Ciò che più catturò la sua attenzione fu il lampadario centrale, semplicemente maestoso, costituito da innumerevoli cristalli, che facevano impallidire il piccolo diamante incastonato nel diadema della ragazza. Seppur si fosse vestita elegante, al confronto con l'ambiente circostante le sembrava d'aver addosso degli stracci. Qualcuno direbbe troppa modestia, altri direbbero che Ayaka soffre di manie di persecuzioni.

Si voltò a destra e a manca, in cerca di qualcuno che potesse conoscere, sicura che non avrebbe scorto nessuno. Infatti, nessuna delle persone presenti poteva vantarsi di conoscere tal fiore, dai morbidi capelli castani portati lunghi sulle spalle scoperte. Il lungo vestito bianco terminava al collo con un piccolo fiocchetto candido, simile al bianco delle tovagliette dei tavolini ove la ragazza s'era appena adagiata, un pò a disagio. In fondo, era abituata a vivere da sola, tutta quella gente era una situazione nuova per lei, doveva farci l'abitudine. Sospirò ancora una volta, portò le mani protette da lunghi guanti bianchi sulle ginocchia e iniziò a voltarsi nervosamente da una parte all'altra, attendendo l'arrivo di Yi, un pò preoccupata.
 
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Nahoa
view post Posted on 16/11/2007, 22:20




Un torneo senza un ballo è un torneo che non vale la pena di essere fatto.

I lacci attorno al busto strinsero con rinnovato vigore quella sottospecie di trappola per topi, una ragazza normale ne sarebbe rimasta soffocata.
Credete che sia facile mettersi determinati indumenti e, soprattutto, comprendere qual'è il davanti e qual'è il dietro?
Almeno dieci minuti se ne andarono per capire che cos'era un fiocco e altri venti per riuscire a farlo: o era troppo corto o non apparteneva ad una vera nave, per rimediare a questa gigantesca truffa, il giorno seguente sarei sicuramente andata a sbraitare in faccia al negoziante pretendendo un cospicuo risarcimento.
Conoscendo la metodologia della creazione della vera seta evitai accuratamente di comperarne un abito, ci sarebbero stati già abbastanza insetti quella sera. Il vestito in realtà non era niente di speciale, azzurro scollato all'altezza del seno e con trasparenza sulle braccia, viste le abituali divise era molto casto e serioso. O almeno così mi appariva, in realtà, i ricami su di esso ed il colore celestiale erano totalmente fuori dal comune: non solo richiamavano la tonalità della mia chioma ma valorizzavano i cremisi occhi che padroneggiavano incontrastati sul complesso; quell'abito pareva creato prendendo il mare ed il cielo per la base ed aggiungendo polvere di stelle nei particolari.
I capelli azzurri vennero cinsi con delicatezza da una banale molletta di color argento, mentre davanti, due lunghe ciocche incorniciarono il viso.
Con tutta sincerità abbindarmi a questo modo mi risulta divertente, nonostante i lunghi tempi che impiego a provare queste torture cinesi; infondo che male c'è nel cambiare?
...
L'insignificante pinza infranse lo specchio ovale deformando l'immagine riflessa fino a renderla orribilmente mostruosa, quella ero io.
Le schegge schizzate per la stanza non erano più grosse di uno scarafaggio eppure, il rumore calpestandole somigliava a quello di un vaso che cadeva ripetutamente dal quindicesimo piano. Uscita dalla stanza strinsi con ossessione il pendente che portavo al collo, le mani affamate scivolarono una sull'altra combattendo per possedere quel pezzo di vetro, per fonderlo assieme a loro. Sovrastato dalla follia il corpo principiò a tremare, come in preda ad un attacco, come trafitto da lance, come se il cuore fosse spremuto da una mano invisibile.

- La musica, un ballo.. Musica .. Violino .. Warrion Day..


Le frasi sconnesse, cariche di terrore parevano pronunciate da una pazza. Gli occhi invece non erano mutati e sembravano totalmente estranei a ciò che stava accadendo al resto dell'organismo, come se, la loro terrificante lucidità stesse a dimostrare la totale perdita di controllo di me stessa.
Completamente fuori controllo m'accasciai poggiando la schiena alla parete, da lontano potevo essere tranquillamente scambiata per un animale appena abbattuto.

image
-Tic-Tac-Tic-Tac.-

Un rumore.
“Tic, Tac,Tic, Tac” è un suono di continuità: dopo ogni Tic c'è un Tac e di conseguenza dopo il Tac c'è il Tic, che pessima ironia dare a quel marchingegno un rumore che in se racchiude l'armonia di un succedersi automatico delle cose.
Non so precisamente cosa mi abbia riportato alla realtà, quale astruso potere sia stato capace di aiutarmi a farmi tenere il busto eretto e le gambe dritte. So solo che il ticchettio udito poco prima non poteva provenire da questa stanza; quell'orologio non ha mai funzionato.
Raccolsi i vetri gettandoli nel cestino ma non passai mai davanti allo specchio per togliere la pinza, non sarei sopravvissuta vedendo nuovamente la mia immagine.
Infilai infine i piedi nelle decoltè chiudendo la porta alle mie spalle, il ticchettio era scomparso.

[...]

Non mi ci volle molto per raggiungere quel posto, mentre nel riconoscere il mio “accompagnatore” ci misi molto tempo.
Praticamente irriconoscibile, non era più vestito come un ottantenne troppo tirchio da pagare il barbiere per tagliarsi i capelli, ma pareva aver subito una trasformazione da una generosa fata turchina.
Mi avvicinai notando con stupore la presenza di tre donne che si avvinghiavano a lui. Un flebile sorriso mi si dipinse automaticamente nel volto e non riuscii a trattenermi intervenendo.

- Che è qui!


Il tono di rimprovero fu soffocato da una risata sincera che esplose dal petto.

- Certo che sarai cieco ma le donne le vedi eccome!


A guardarlo così da vicino poteva tranquillamente essere scambiato per una persona normalissima, senza battaglie da combattere, senza pesi sulla coscienza, senza paure; chissà se anche lei aveva mai avuto quell'aspetto.

- Non solo mi inviti qui senza dirmi il tuo nome, non solo non ti degni neanche di vernirmi a prendere, ma quando arrivo ti trovo a cinguettare non con una ma con bene tre donne.


Il fuoco si posò su di lui, pur essendo di un rosso vivo il colore degli occhi pareva composto dal ghiaccio.
Non che fossi realmente arrabbiata bensì desideravo assolutamente conoscere il nome di quel ticchettio che mi aveva risvegliata.

 
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Xavier Silverkin
view post Posted on 17/11/2007, 11:27




Could it be a new Day?


Amplificati dal vuoto colmo d'attesa della stanza, pesanti rintocchi accompagnavano lo scorrere perpetuo della lancetta dei secondi. Un orologio malandato, di quelli ormai in disuso, senza pendolo.
Lo sguardo vagava, appesantito dalla noia, soffermava la propria concentrazione sull'oggetto, accompagnando il suo lentissimo viaggio rimbombante. Un guizzo, quasi spazientite l'iridi di fuoco abbandonarono il precedente torpore per ridar vita alle altre parti del corpo, basta dormire.
L'ammantata figura si erse di scatto. Perchè aspettare ancora?

L'orologio terminò finalmente l'opera assillante nei confronti del giovane umano, una smorfia disgustata comparve lesta sul suo viso. Seguiva un corridoio lunghissimo, abbastanza stretto considerando gli sfarzosi ornamenti di cui era dotato lungo le pareti laterali, che avvolte da pochi sparsi bagliori di luce, permetteva l'accesso a Xavier nella Sala Da Ballo.
Il cappuccio finemente lavorato mascherava gran parte del volto maschile, dai lineamenti freddi, poco raffinati, quasi aggressivi secondo precise angolazioni. Il vestiario non contava niente di estremamente curato; un paio di pantaloni a tinta unica, d'un marrone spento, ed una copertura superiore, simile ad una maglia molto stretta. Lungo il capo e gran parte della schiena, un mantello dipinto con arcaici e colorati simboli ondeggiava a ritmo alterno, spinto dalle gambe in movimento, in cerca della via d'uscita.

Era già iniziato. Le sfavillanti luci rischiaravano la scena, l'ampissima stanza si mostrò agli occhi dell'Anarca, stupito dallo straordinario scenario della Sala da Ballo. Gente che passeggiava tranquillamente, chi improvvisava un ballo, chi si adagiava sulle sedie di massello in cerca di tranquillità.
Con un aria mista fra divertimento e spavalderia, l'Udita avanzò a passo sicuro fra la folla, le mani incrociate dietro la schiena, poco sopra il fondoschiena. Evidentissimo era il largo sorriso che si era disegnato sul suo volto, a cui precedeva un piccolo cenno del capo in avanti non appena qualcuno posasse lo sguardo su di lui per più di qualche secondo; una specie di saluto, all'apparenza signorile ma in parte decisamente sgarbato, quasi un gesto di scherno.
Il suo sguardare sinistro, quasi malvagio, fece ritirar subito i primi occhi incuriositi che tentavano tranquillamente un analisi dei personaggi presenti. Un atteggiamento stravagante il suo, continuava il suo tragitto senza meta, senza limitare l'azione felice della vista, che spaziava ampiamente per tutti i lati dello stanzone, scrutando ed osservando.

In fondo era ciò che voleva. Centinaia e centinaia di validi combattenti d'oltremare, maghi, soldati o ibridi di qualsiasi genere. Perchè cercarli in giro per il mondo se si erano volontariamente riuniti tutti insieme? Cominciò quasi ad annuire, un leggero su e giù della testa in segno di soddisfazione, innaturale per un uomo che si prepara a combattimenti sanguinari. Ma non era quello il modo o l'attimo opportuno. Sapeva come fare, al momento poteva solo godersi l'atmosfera pacata della serata e sperar che il tempo passasse senza troppa noia.
Si tolse perfino il pesante cappuccio, lasciando che le ciocche scarlatte accarezzassero il viso fino a quel momento parzialmente oscurato dalla stoffa. Sibilò qualcosa a toni bassissimi, quasi non avesse bisogno d'urlare per raggiungere il suo interlocutore.


« Guarda quanta gente, Zerethur. »



Edited by Xavier Silverkin - 17/11/2007, 12:52
 
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Luntis
view post Posted on 17/11/2007, 13:22




Buio...

Hai perfettamente ragione.

Si scostò dalle importunatici senza troppi convenevoli, scrollandosele di dosso in modo non molto ortodosso.

“Sono imperdonabile. Ti chiedo scusa.”

Teneva ancora gli occhi chiusi, ma la trafiggeva con un’espressione seria, quasi pensierosa. Poi, senza alcun preambolo spostò lievemente un piede all’indietro, esibendosi in un lungo e profondo – perfetto- inchino.

Il mio nome è Luntis Crow, onorato di averti come mia compagna stasera.

Si rialzò sorridendo, stranamente sardonico, come se avesse dimenticato totalmente l’arroganza di cui andava fiero. Lasciò che le tre ragazzine alle sue spalle se lo mangiassero con lo sguardo, consapevole di avere addosso il loro rancore, ma quella sera era ad un’altra bellezza che mirava. La sua crociata da perfetto cavaliere era appena cominciata, ma per quanto sarebbe stato in grado di reggerla, questo rappresentava un grosso, grossissimo mistero.
Dal fruscio lieve delle stoffe capì dove doveva trovarsi il braccio della fanciulla, quindi gli tese il suo, come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Stà pure tranquilla, non sono un sosia. Solo, mi sono ripromesso di dimostrarti le mie doti ad ogni costo.”

Aggiunse a mezza voce quando si furono avvicinati alla base delle scale.
Il suono invitante che il tessuto produceva era parecchio indicativo, avrebbe pagato per poter osservare quale genere di meraviglia merlata indossasse; per ora, poteva solo intuire una gonna piuttosto lunga, e dal contatto con le braccia, sottili membrane semitrasparenti a ricoprire le piccole mani.

”Resti fra noi, ma ho ragione di crederti stupenda stasera.”

Non la guardò, ma mantenne il volto fisso innanzi a sé, con le palpebre abbassate. Concentrato nell’atto di toccare gli scalini con calma, per evitare ingressi disastrosi. I doppi battenti del portale che dava accesso alla sala erano spalancati, gremiti di gente che indugiava sulla soglia, mentre all’interno si apriva uno spazio profondo, probabilmente allungato. Il vociare che si avvertiva dal basso qui appariva amplificato, non solo di forza, ma anche di chiarezza. Stavolta riusciva quasi a distinguere le frasi che gli invitati si scambiavano, le loro piccolezze, i loro segreti. Irritante.
Cercò di mantenere un’espressione di ieratica allegria, per non turbare la sua compagna, e per non apparire quel solitario che era. Adesso veniva la parte più amara da inghiottire: in un’occasione come quella, dove alcool e chiacchiere, musica e salti si accompagnavano ai suoni più disparati, quando i profumi ora ovattati, ora nauseanti delle signore si mescolavano, il suo dominio sui sensi si assottigliava. Il troppo stroppia per così dire. Era abituato a vedere la realtà poco per volta, totalmente stilizzata, ma in questo caso gli appariva un salone distorto, tremendamente grottesco, senza che potesse in qualche modo smorzare la mole di informazioni che gli giungevano al cervello. Aveva bisogno di una guida.

Ho un favore da chiederti.

Lo disse in modo smorzato, quasi come se, a buon ragione effettivamente, contare su di un aiuto esterno gli fosse difficile. Proseguì cautamente.

Potresti…descrivermi la sala, quel tanto che basta perché ne capisca le dimensioni?

Ed era ciò che gli serviva: una sufficiente conoscenza, almeno teorica, dello spazio a sua disposizione. A non colpire altri ballerini, o camerieri che imperversavano come api impazzite, così come a tenere il tempo ci avrebbe pensato lui.

 
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Rashagal
view post Posted on 17/11/2007, 14:25




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Era stato seduto al suo tavolo, il più vicino al muro possibile e quindi lontano dall' area delle danze, con i piedi poggiati rudemente sulla superficie prima pulita e perfetta e un boccale di birra rudemente strappato a un cameriere scandalizzato dai modi mostrati dall' invitato. Il discorso l'aveva udito, sorridendo tra se e se mentre ne ascoltava il succo.. Speciali, diversi, qualcosa che il mezzo demone li in mezzo al fasto, alla bellezza, alla grazia riusciva a comprendere bene seppur non nel modo in cui l'aveva inteso Kyo. Per un lungo, lunghissimo istante osservò gli occhi dell' oratore riflettendo tra se e se su l'ultima volta che l'aveva visto.. l'ultimo Warrior Day.. anche lui aveva partecipato, anche lui li aveva combattuto

Un bersaglio, poco ma sicuro. Un bersaglio da ricordare

Indossava una camicia bianca ornata di ricami blu il mezzo demone, pantaloni completamente bianchi e scarpe nere prive di lacci. Apparentemente sembrava vestito davvero da gran gala, decisamente diveso da come solitamente si muoveva tra lotte e incontri, tra rappresentative funzioni di lord al più puro e semplice allenamento.. eppure il suo atteggiamento, sino a quel momento, era stato decisamente tutto tranne che nobiliare

ignorava il mezzo demone se Desdemona avesse deciso di venire. La sua "compagna" di occasioni ufficiali gli risultava comoda in situazioni come quelle, capace con la sua carica di misteri ancora irrisolti ed estrema faccia tosta di ravvivare persino la festa più noiosa. Davanti a lui gia alcuni, probabilmente futuri partecipanti e quindi avversari del torneo, prendevano a iniziare le danze. Kashin non sapeva se trovare il tutto divertente o, semplicemente, patetico

un nuovo cameriere, accompagnato dal precedente, si avvicinò al tavolo con in mano una caraffa dal liquido ancora sconosciuto agli occhi del mezzo demone. Annoiato Kashin alzò lo sguardo, incontrando quello a metà tra lo schifato e l'interdetto del servitore

ho visto servette di taverna più veloci di te. Oltre che decisamente più carine. Lascia la caraffa e saltella via prima che io inizi a trattarti come una di loro palpandoti il culo e facendoti sedere sulle mie gambe

l'altro allargò gli occhi, poggiando la caraffa e aprendo la bocca per rispondere a tono.. bocca che si richiuse immediatamente quando vide Kashin che allargava una mano nell' evidente atto di preparare una sonora e poderosa pacca sulle sue natiche. Capita la realtà della minaccia del mezzo demone ci volle poco perchè l'uomo si arricciasse un baffo ben curato, girasse i tacchi e si allontanasse

al fianco, come sempre, il mezzo demone stringeva la lama scelta come compagna per la durata di quel torneo. La shinichi, troppo pesante nel suo comparto astrale per essere portata facilmente in quel mondo, era stata abbandonata alle cure del suo miglior uomo Sajin in favore della più leggera e leggiadra Fluire d'Acqua. Una katana dal fodero e dall' impugnatura blu scuro, meravigliosa alla vista. Il mezzo demone era perfettamente consapevole di quanto sgradevole fosse portare un arma del genere nel mezzo di un ballo.. ma probabilmente se qualcuno avesse provato a farglielo notare l'avrebbe ritrovata conficcata nelle proprie budella

Dopo tutto Kashin non era decisamente una persona con cui badare ai particolari.. sopratutto durante un ballo

 
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view post Posted on 17/11/2007, 16:13
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.T h e P a t h o f S c r e a m s.
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Le occasioni mondane, quale tortura dolce ed ostentatamente raffinata.
Pomposi, capienti ricettacoli d'ogni più varia ipocrisia, si guadagnavano nella mente del Duca dell'Inferno un posto d'onore fra gli eventi latori sia della più indisponente noia ed indifferenza che del contorto e vano gioco di melensa dissimulazione più autocompiaciuto; a malapena l'ultima e più sudicia delle tribune, invece, per quelli degni d'interesse. E allora, ci si potrà domandare, perchè mai s'era preso il disturbo di recarsi al ballo? Ad essere sinceri, se lo chiedeva persino lui. Quanto alla risposta, propendeva per accollarla o al caso più totale, o alla penuria di negotia che lo affliggessero al periodo, o al più puro e semplice desiderio di posare uno sguardo su alcuni di coloro che entro pochi giorni avrebbe cercato alacremente di ammazzare.
Così, aveva fatto il proprio ingresso, il volto pallido infarcito con l'arroganza più odiosa ed elegante, eleggendo poi a sostegno della propria schiena il candore marmoreo di una delle coppie di colonne ai lati della sala. Da cotale posizione aveva poi fatto vagare liberamente lo sguardo perlaceo sui convitati che mano a mano sfilavano, mentre già la sua attenzione, presto tediata dalla ricchezza fin troppo ostentata che gli passava dinanzi, virava la propria polena verso i lidi sanguinari dell'immaginarsi i presenti sottoposti ad un attento ritocco tramite la studiata esposizione a correnti di purissima entropia. Non che il suo vestiario fosse più sobrio di quello dei presenti, sia chiaro: per l'occasione, aveva rinunciato alla propria usuale tenuta, già di suo ricercata, in favore di un completo dei tessuti più pregiati, ognuno tinto del corvino più profondo: in comodi stivali di pelle di daino si insinuavano i piedi, mentre le gambe erano cinte d'un paio di pantaloni in broccatello; seta gli avvolgeva, nella forma d'una camicia con farsetto, il busto slanciato, in concomitanza col morbidissimo velluto del panciotto; ancora era la seta ad inguainargli le dita affusolate nei sottili guanti, laddove il broccato tornava a manifestarsi nella marsina; un ampio mantello della più soffice pelliccia faceva, infine, da coronamento al tutto.
Ma, tralasciando le facezie dell'abbigliamento in favore di quelle della -inesistente- azione, rileviamo come a risvegliarlo dal suo parziale estraniamento dalla realtà fu il discorso di un uomo che avrebbe potuto tranquillamente rivaleggiare con lui in pallore della cute, con tutta probabilità il padrone di casa; fu un piacevole diversivo l'ascoltarne le parole, e non potè non tributargli un intimo riconoscimento di rare qualità oratorie; la sola pecca era il fatto che dei contenuti non ne condividesse che una percentuale ai limiti dell'irrisorio. Sospirò, mentre osservava un individuo dagli spettrali connotati giullareschi piroettare e rivolgersi in versi all'uditorio, disperando sempre più di riuscire mai ad interessarsi veramente ad un qualunque elemento in quella serata di gala. Decisamente, occorreva un qualcosa che portasse un po' di movimento, ma lui non aveva la benchè minima aspirazione di accollarsi l'onere di farsene promotore.
Non restava che puntare su qualcuno degli altri convitati.

 
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view post Posted on 17/11/2007, 16:27
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Xaositect
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Non gli piaceva ballare. Non gli piacevano i balli. Non gli piaceva quella massa di gente che si agitav alì intorno. Non gli piaceva in generale quella gente. Fosse stato per lui, non sarebbe mai venuto, a meno della promessa di una qualche ricompensa. Però, glielo aveva chiesto - o forse solo nominato di sfuggita? - Kashin, e la notizia, pronunciata quasi con noncuranza, aveva avuto l'effetto di bruciarsi una strada ardente nella sua mente incendiata dalla follia, con un effetto peggiore del venire stressato per mesi e mesi. Così, quando il giorno era arrivato, era venuto senza alcun indugio, e si era subito isolato da tutto e da tutti nel proprio angolo.

Era rimasto seduto vicino al suo inspiratore, al suo signore, a uno dei pochi umani che ancora stimava, nell'ombra, in silenzio, a pensare, ad ascoltare, una delle poche volte che compieva quell'azioni passiva. Si era appoggiato a terra, le ginocchia strette al corpo, più simile ad un mucchio di stracci che a un combattente vero e proprio, mentre ascoltava il discorso, l'abile oratoria di quel personaggio, che lui non aveva mai avuto l'occasione di conoscere. Sentiva il proprio animo risollevato da quelle parole, lo spirito incendiato come materiale infiammabile dall'ardore per la lotta e la competizione, levarsi al cielo, ed ardere via in un'esplosione di furia e rabbia, una splendente fenice di gioia nell'inferno di calore e luce che gli avrebbe potuto offrire.

Eppure, dell'infinita gamma di emozioni nelle quali poteva decidere di crogiolarsi, quella volta aveva scelto la depressione, lo spicchio più cupo della tristezza, una cortina opaca sul mondo che rendeva ogni suo pensiero o desiderio lento e faticoso, sottraendogli ogni forza. Il suo desiderio era uno solo, un singolo obbiettivo, un'ossessione che continauva a ripetersi nella sua testa con l'intesita dell'eco dell'urlo morente dell'eroe che viene sepolto d auan valanga sulla cima del mondo, immortale nell'ultima sua scintilla di vita mentre viene trascinato giu dal proprio piedistallo di cristallo, e orribilmente ripetitivo. Non ce la faceva più.

Per distrarsi si sarebbe dovuto portare alla festa Arcanis, ma il solo pensiero di avere quell'orrido parassita alto il doppio di lui e dall'umorismo paragonabile a quello di un cactus nel deserto gli faceva contrarre lo stomaco (che non aveva). Doveva fare qualcosa per distrarsi, qualcosa per potersi liberare di quella terrificante agonia mentale. Al termine di un duello nella sua testa d'epiche proporzioni, con un filo di voce, dal suo nascondiglio fra le ombre sue simili, lasciò scivolare un sottile rivolo di parole, dirette al capo della sua squadra, nel tentativo di liberarsi dell'enorme peso che lo schiacciava.


Sigh ... capo ... sono triste ... ha fatto un discorso epico... ha riempito di fuoco er mio core... ma non posso sfogarmi ... gaaah ... voglio combattere ORAAA.

E quindi riaprì gli occhi, assumendo quell'aria patetica che solo un cappello da mago, una veste sgualcita e impolverata e due occhioni giallastri che nuotano nel vuoto possono avere, lasciando filtrare la luce dorata dei suoi organi di vita dalle bande di metallo che erano le sue mani, fra le dita artefatte, per affondare ancora di più fra le ombre un attimo dopo, tentando di sparire alla vista.
 
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view post Posted on 17/11/2007, 17:55
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too sugoi to live
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Luna deliziosa in questo piano d'esistenza.
Era sempre così, ovunque la si potesse vedere. Un galeone fantasma lanciato oltre le nuvole, o un meraviglioso ritratto di pallida bellezza. E che gioia respirare quella meravigliosa aria, fresca e pura.

Saliva lentamente le scale, sollevando con ambo le mani la lunga gonna che aveva deciso di indossare appositamente nella speranza che Hamelin gliela pestasse. Sarebbe stato un ottimo modo per fargli fare una pessima figura davanti ai giudici.

Alzò il mento quando finalmente ebbe davanti quella stanza: i mortali erano persone davvero squisite, quando volevano. Sapevano ricreare l'atmosfera perfetta per far si che ogni sfaccettatura della loro anima romantica potesse esaltare in qualche goffo ballo di coppia. Amore e maestria avviluppati intensamente in un'ombra divina che non poteva non entrarti dentro, fino alle ossa e poi ditta nell'anima.

Chiunque, minimamente sensibile, avrebbe dovuto sentirlo. Avanzò qualche passo nella sala e non lo vide, come al solito. Hamelin non aveva mai avuto chiaro chi fosse la donna dei due, evidentemente. Sospirò debolmente ed abbassò lo sguardo al vestito.
Taffetà bianchissimo, artefatto. Nessuna manica e le spalle, non troppo muscolose, si delineavano con sensuale angolosità su quel meraviglioso spettacolo che doveva essere in quel momento. Aderente, il vestito si tuffava quindi sui suoi morbidi fianchi e ricadeva riccamente in una vaporosa gonna ad onde, così candida da risultare l'immortale produzione di un pittore.
I lunghi, lunghissimi capelli corvini si appoggiavano leggeri e un po' disordinati sulla schiena, come piacevano a lei. Le scarpe da ballo con il tacco, bianche anch'esse, la stavano torturando senza pietà, ma tutto sommato lo sapeva, in cuor suo, che lo faceva volentieri.

Nuovamente si guardò attorno, a suo agio eppure smarrita, e lentamente si avviò verso la terrazza. Oh, lì sì che sarebbe stato tutto perfetto! E chi lo sa, magari con i suoi languidi sguardi brevettati avrebbe potuto circuire qualche bel signore.

Poggiò le mani guantate sul davanzale ed attese, immergendosi completamente nell'atmosfera idilliaca di quel posto.
 
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Hamelin
view post Posted on 17/11/2007, 18:10





«Non credevo regalassero delle bombonerie al Ballo.»

Apparve come un fantasma del più bello e regale dei Vascelli Maledetti, una figura argentea ammantata nel nero di quella mesta e taciturna notte; un lungo cappotto di velluto, talmente particolare e villoso da risultare un flusso incessante di viva pelle, stringeva il corpo dell'emissario, circoscrivendo la figura nei connotati umani d'un uomo più che di bell'aspetto.
A cingerne il collo, a simulare quasi la coda d'un egocentrico pavone, una raggiera di folta ed ispida pelliccia sembrava levitare attorno al capo di Hamelin; per quell'occasione, i capelli si mostravano più lisci del solito, lucenti e fibrosi al pari della seta più pura.
Varcò la soglia del finestrone, tuffandosì nella fresca brezza del balcone: ad aspettarlo, appoggiata sul davanzale, una delle donne più belle che avesse mai conosciuto in vita sua.
Ma questo, lei, non lo avrebbe mai saputo.

«Quante lenzuola hai cucito assieme per fare...quel coso?»

S'avvicinò sempre di più, fino a replicare la delicata posizione in cui la giovane lo aveva atteso: le delicata dita del violinista sfioravano la pietra fredda e dura dell'orpello architettonico, mentre gli sguardi dei due parevano fugarsi l'un l'altro.

 
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